Parthenocissus quinquefolia (L.) Planch. Nome imposto da Jules É. Planchon, botanico francese cui si deve, fra l’altro, il salvataggio delle viti europee dalla fillossera. Il nome compare per la prima volta nella seconda parte del quinto volume di Monographiae Phanerogamarum, scritta interamente dal Planchon. Le monografie erano appendici dell’opera monumentale (Prodomus systematis naturalis, il cui primo volume risale al 1825) del Condolle (Augustin) curata, dopo la sua morte, dal figlio Alphonse. Le monografie erano curate a loro volta da Alphonse e dal di lui figlio Casimir.
La pagina 448. Planchon, che evidentemente sapeva tutto sulle viti, cambia genere alla pianta1. Ci dice che spesso la foglia ha cinque foglioline e raramente tre, che queste ultime sono ovate e col bordo seghettato (la sigla ‘v.’ dovrebbe valere ‘ho visto personalmente’ (sic!)); foglie sotto pallide e glabre, i frutti sono bacche nero violacee a maturità e hanno da 1 a tre semi.
Etimologia Il nome del genere è composto da due termini greci: parthenos = vergine e kissos = edera, come dire edera vergine, ma l’aggettivo si riferisce allo stato della Virginia, insomma edera della Virginia. Il nome della specie è addirittura ovvio: ‘dalle cinque foglie’, con chiaro riferimento alle foglioline.
Fenologia minimaAreale di origine (Native range). Areale vasto in latitudine, dalle fredde regioni canadesi al clima tropicale del Centro America e Cuba.
Arbusto lianoso vigoroso e prolifico da tempo naturalizzato. In vero esiste una specie sorella, assai somigliante e di gran lunga più comune, P. inserta. Le due sono spesso accomunate da giardinieri e vivaisti (e non solo) sotto l’unico epiteto di quinquefolia. A parziale giustificazione si dirà che si somigliano moltissimo. Un carattere dirimente è la capacità della quinquefolia di produrre dischetti adesivi in cima ai viticci (molto simili a quelli della tricuspidata) cosa che l’inserta non sa fare. Inoltre (ma è un carattere meno sicuro) il frutto dell’inserta porta di norma quattro semi, mentre quello della quinquefolia ne ha uno solo, a volte due.
La quinquefolia dell’Orto in settembre, avviata all’abito autunnale. Già da questa distanza si dinsinguono le foglie composte (cinque foglioline) che danno il nome alla specie.Dopo aver cercato con molta pazienza (e una certa apprensione) i dischetti adesivi, li ho finalmente trovati sull’armatura in metallo che i giardinieri dell’Orto costruiscono per le rampicanti.In città le quinquefoloia non sono molte, una particolarmente suggestiva è aggrappata al Ponte dei Tadi.Nella foto i dischetti aderenti alle pietre millenarie del ponte. Affascinante la configurazione assunta dal viticcio, come in un quadro di Mirò.Un certo numero di quinquefolia vive in località San Nicolò al Lido di Venezia (un posto dove si possono osservare agevolmente e con calma). L’esemplare nella foto si eleva da terra alle spese di un giovane pero, che cresce a fatica e lentissimamente. I dischetti non sono sempre circolari, anzi più spesso han forma a paletta come quello che si vede in basso all’interno del foro.Una paletta adesiva particolarmente allungata l’ho trovata in una quinquefolia che vive all’Ospedale al Mare poco distante. Abbellisce una precaria recinzione dello spazio antistante il Pronto soccorso (l’unico servizio che resta di una struttura polifunzionale (fra l’altro bellissima dal punto di vista architettonico) smantellata qualche decennio fa)
Si è capito che la ricerca è faticosa, non solo per la pazienza necessaria a trovare gli eventuali dischetti o palette ma soprattutto perché la pianta li fabbrica solo se ne è costretta, il più delle volte preferisce ricorrere al metodo meno dispendioso (le escrescenze sono fatte di zuccheri) di attorcigliare i viticci al supporto.
Nella foto dischetti, appena formati, tra le spire di un giovane viticcio. Si è detto che la pianta segue un principio di economia producendo le strutture aderenti solo se non ha altre possibilità, in questo caso pare si sia distratta, o forse voleva rafforzare per qualche motivo il viticcio stesso.Qui invece quella che sembra essere una paletta adesiva in formazione, sulla punta di un viticcio.
La circostanza che la pianta scelga di costruire le escrescenze aderenti solo in particolari frangenti sembra corroborare la teoria del biologo Stefano Mancuso sull’intelligenza nel mondo vegetale. In Verde brillante, Giunti, Firenze, scritto in collaborazione con Alessandra Viola, compaiono molti esempi a sostegno dell’intelligenza delle piante, definita come la capacità di risolvere problemi. E quale formidabile problema è quello di arrampicarsi su qualunque genere di supporto e superficie!
Foglia digitata formata da cinque foglioline che si dipartono dall’estremo del picciolo. Le foglioline hanno lamina verde, intenso anche se piuttosto opaco, e venature secondarie alquanto distanziate (ma non sempre). Piccioletto proporzionato.Pagina inferiore pallida, quasi glauca. Nervature in rilievo. Molto ben distinte le nervature terziarie, che sono del tipo reticolato. Apice appuntito e base ottusa. Denti perlopiù ottusi con una specie di mucrone in cima.Purtroppo la forma dei denti non è un carattere affidabile. La fogliolina nella foto ne è un eloquente esempio. Già in settembre cominciano a ingiallire, ma più spesso arrossano direttamente.Potendo il rosso attraversare parecchie gradazioni.I fiori sono piccoli e di un strano colore verde, si direbbe annacquato di giallo e rosa. Infiorescenza difficile da descrivere, ha prevalentemente un comportamento dicotomico: il peduncolo tende a dividersi in due, iterando questo modulo nelle diramazioni successive. In boccio la cosa è un po’ più chiara. Anche se in questo specifico esempio le diramazioni successive sono così ravvicinate da sembrare strani capolini.Fiore molto simile a quello della sorella tricuspidata. Cinque petali revoluti a formare vaghe coppette dai bordi bianco diafano, altrettanti stami in asse coi petali, antere a due sacche polliniche che si aprono longitudinalmente. Come nella tricuspidata i petali si ripiegano all’indietro esaltando il movimento slanciato degli stami. I quali stami circondano un pistillo giallo (rossastro alla base) a forma di cono un po’ compresso e terminante in uno stigma bifido. Il calice ha forma di coppetta e porta cinque lobi appena accennati. I petali sono inseriti tra i lobi e la base del pistillo.Nella foto si distinguono meglio i lobi del calice e la fessura fra i due stigmi.Incontro ravvicinato con due stami. Visti così non sembrano poi tanto slanciati.I frutti sono piccole sferette, ricoperte di pruina e nero violacee a maturità. Osservando la struttura dell’infruttescenza possiamo ripercorrere le considerazioni fatte a proposito dell’infiorescenza. Quello che resta del caliceCome per tutte le vitacee il frutto è una baccaPolpa alquanto acquosa, troppo per distinguere le diverse componenti.Il seme ricorda quello dell’uva con quella strana forma a pera. Dentro l’acino c’è un solo seme, al massimo due, carattere dirimente rispetto alla sorella inserta che invece ne porta fino a quattro. Ogni volta bisogna dunque aprirlo: tolto il peduncolo, basta schiacciare la piccola bacca fra indice e pollice, e i semi emergeranno dalla polpa appiccicaticcia mostrando la vera natura della specie.Sezione longitudinale del seme.Sezione trasversale. Non è facile capire com’è fatto dentro, troppo lungo parlarne: ci siamo dilungati già così tanto… La corteccia dei fusti (lunghi e sottili) è fondamentalmente grigia con riflessi rossastri; sostanzialmente liscia si screpola pochissimo.
1La pianta era stata classificata come una Ampelopsis da André Michaux in Flora Boreali Americana, il quale l’aveva a sua volta spostata dal genere Hedera assegnatole nientemeno che da Linneo; e del binomio di Linneo è rimasto l’epiteto quinquefolia.
La pagina 202 di Species Plantarum (Pentandra Monogyna). Linneo richiama l’attenzione sulle foglie a cinque foglioline. Elenca poi un certo numero di nomi precedenti. Dice che viene dal Canada. Da ultimo parla di capsule e di loculi a molti semi, informazioni che non sembrano per niente pertinenti.
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2 pensieri su “Parthenocissus quinquefolia – Vite del Canadà a cinque foglie”
Grazie Giudo
Sempre precisissimo e puntuale. Complimenti per la generosa condivisione di sapere.
Grazie Giudo
Sempre precisissimo e puntuale. Complimenti per la generosa condivisione di sapere.