Annunciazione di Leonardo un mistero svelato

L’Annunciazione di Leonardo (1472) conservata agli Uffizi mi ha sempre affascinato, anche per la presenza sullo sfondo di numerosi alberi e di un ampio panorama, a differenza di molte opere sullo stesso tema che costringono gli attori della rappresentazione in spazi piuttosto angusti.

Uno dei quadri più ammirati degli Uffizi. La scena è ambientata in un giardino e sullo sfondo un numero incredibile di alberi diversi per forma e dimensione.
Ambientazione all’aperto. Sullo sfondo la leonardesca prospettiva aerea: le cose si vedono sempre più sfumate al crescere della distanza. Si noti la simmetria per traslazione dei quattro cipressi.
Beato Angelico, San Marco, Firenze, 1440-50. Una loggia e sullo sfondo un hortus conclusus, con alberi di difficile identificazione.

Sempre quest’opera del frate di San Marco mi ispira meraviglia per l’apparente semplicità, nonché per la serenità che induce, come se la pace e la tranquillità che sicuramente albergavano nel cuore dell’autore finisca col trasferirsi, attraverso l’opera, a chi guarda.

Levigata Annunciazione di Bellini, 1490, Accademia, Venezia. Dalla finestra panorama con scarsissima vegetazione.
Donatello, Annunciazione Cavalcanti, 1435, Santa Croce, Firenze. Compostezza, eleganza, sobrietà. Ma la porta è chiusa a qualunque hortus conclusus o paesaggio negando ogni rappresentazione floristica.

Torniamo a Leonardo. Si diceva di una sequenza molto varia di alberi sullo sfondo.

Nello scorcio, al di sopra dell’angelo, che allude a una simmetria bilaterale, la pianta immediatamente a sinistra del cipresso mediano attrae l’attenzione del Cacciatore di alberi.
Il portamento fa pensare, almeno a me ha sempre fatto pensare, a Araucaria heterophylla. Esemplare in un giardino privato a Pellestrina.

Senonché si tratta di una specie australe, in particolare dell’isola di Norfolk, e ciò lo esclude per ovvi motivi di date.

Bandiera dell’Isola di Norfolk. L’albero è detto anche Abete di Norfolk.

Ho chiesto chiarimenti ogni volta che ne ho avuto l’occasione (lezioni, conferenze, rete,…) a storici dell’arte e non, ma sempre senza successo. Di recente ho raccolto un’interpretazione da un Professore dell’Università di Padova, che suggerisce si tratti di un peccio (Picea abies) al quale sarebbero stati tagliati un palco sì e uno no.

Dev’essere proprio così, poiché osservando attentamente, si distinguono i classici rametti del peccio e sembra di vedere persino i singoli aghi.

Così ora la questione si è spostata dalla interpretazione di un elemento del dipinto alla ricerca di una particolare pratica topiaria dei giardinieri fiorentini, forse europei, della seconda metà del Quattrocento. Succede spesso nell’indagine scientifica che risolto un problema se ne apra immediatamente un altro, è il bello dell’attività raziocinante.