In questo secondo anno di guerra in Europa Unalberoalgiorno ricorda il martirio di un giovane uomo inglese venuto a combattere la guerra partigiana e a morire da partigiano. Gli alleati apprezzavano il lavoro dei partigiani dietro le linee tedesche incoraggiandolo e sostenendolo come meglio potevano. Formazioni di agenti, dette ‘missioni’, venivano paracadutate in territorio nemico per istruire e armare i partigiani, e coordinare l’invio e la ricezione del materiale di guerra. I così detti ‘lanci’ si susseguirono numerosi, a ondate successive, a partire dal settembre ’43 fino alla completa liberazione del territorio italiano. Poiché, come è evidente, di tutto avevano bisogno le bande, dal cibo alle armi, dal vestiario al denaro.
In Via della Biscia, stradella serpeggiante tra Via Chiesanuova e Via Montà, si trova un cimitero di guerra dove riposano soldati del Commonwealth che persero la vita durante la seconda guerra mondiale.Lungo il perimetro una fitta cortina di giovani pioppi neri.
Come è costume del blog ogni volta che potremo parlare di alberi ne approfitteremo, anzi si potrebbe dire che le storie raccontate sono un pretesto per parlare di queste nobili creature.
All’entrata una sobria costruzione che evoca una cappella. Due giovani esemplari di Carpinus betula Fastigiata vigilano l’accesso e due siepi della medesima cultivar ornano un corridoio erboso. Sullo sfondo i pioppi.Il fitto fogliame di questa cultivar bene assolve alla bisogna.Una croce campeggia al centro di una vasta area che richiama una piazza d’armi.Lo spazio è decoroso e austero, di recente ingentilito da ciliegi da fiore giapponesi, ne abbiamo già parlato nel post dedicato alla specie.Le foglie e i fiori (più che doppi), ci parlano di Prunus serrulata Kanzan.Inutile cercare le parole per esprimere i sentimenti che si provano alla vista delle tombe. Meglio lasciare il commento alle immagini.Targhe all’interno della cappellaUn cartello riassume concisamente la Campagna d’Italia con l’aiuto di una cartina. In rosso le tappe dell’Ottava Armata, in verde della Quinta.I giovani pioppi crescono di anno in anno sempre più forti e rigogliosiHan tutti chioma raccolta, chi più chi meno, alcuni sembrano però dei veri cipressini.Con tutte le abitudini di quelli.Fila 4F: il protagonista del post: il Maggiore della Royal Artillery John Wilkinson, nome di battaglia ‘Freccia’.All’interno della cappella un registro ne riporta il nome… …assieme a scarne indicazioni anagrafiche.Wilkinson fu paracadutato con una manciata di guerriglieri nella notte fra il 12 e 13 Agosto del ’44, destinazione Altipiano di Asiago. I compiti erano molteplici: coordinare le unità partigiane, di tutti i colori, convincendole a nominare un Comando Unico (impresa rivelatasi poi impossibile in Veneto per i forti contrasti fra rossi, bianchi, azzurri e verdi); armare e addestrare i patrioti sostenendoli nella lotta.La missione, dal nome combattivo ‘Ruina’, prese da subito una brutta piega: uno dei paracadutati atterrò sulle rocce perdendo la vita.Nella foto il profilo del complesso Bocchetta Paù, il campo di ricezione era collocato oltre i contrafforti, ma ci furono difficoltà al momento del lancio (primariamente perché l’aereo volava troppo basso) e molte cose andarono storte.
Non è nemmeno immaginabile dar conto, in questo misero post, di tutti gli eventi. Un racconto gustoso lo troverete qui. La collaborazione fra alleati e partigiani è un pezzo di storia della Resistenza grandemente trascurato e poco noto; vale la pena farsene almeno un’idea.
Fra l’agosto ’44 e l’aprile ’45 la Ruina percorse in lungo e in largo l’Altipiano sia per la necessità di stabilire i contatti tra le bande sia per sfuggire ai ripetuti rastrellamenti delle forze nazifasciste. Uno dei primi rifugi fu il monte Zebio, vicino ad Asiago. Ma non dobbiamo immaginare che abitassero malghe così in vista. Nei momenti più duri, quelli dei rastrellamenti, dovevano ricorrete a capanne, magari auto costruite nel fitto dei boschi, rovine della Prima guerra mondiale, forre carsiche di cui l’Altipiano è gremito. Nella foto avanzi di fortificazioni della Grande Guerra, due giovani larici svettanti e gli immancabili pecci. La Piana di Marcesina era un ottimo nascondiglio grazie agli estesi boschi, inoltre veniva spesso attraversata per raggiungere il Cansiglio, un altro luogo presidiato dalle formazioni partigiane. Nella foto l’albergo omonimo e un maestoso Acero montano.Questa zona è stata recentemente colpita da Vaia e ampie distese di boschi nell’estate del 2022 ne portavano ancora i segni.Gli scontri di gran lunga sfavorevoli ai partigiani erano i rastrellamenti, che le forze nazifasciste organizzavano con cura, molti uomini e grandi mezzi, specie nei momenti di stanca del fronte a sud. Una feroce repressione si ebbe tra il 6 e 7 settembre, poche settimane dopo l’arrivo della Ruina, aBocchetta di Granezza. Un maggiociondolo alpino veglia sul monumento che ricorda il sacrificio di tanti giovani e giovanissimi in quella battaglia.Poco più in là un sacello custodisce i nomi dei partigiani caduti in questa parte della Provincia di Vicenza. E in fondo a tutti c’è anche lui, il maggiore Wilkinson. Il cui ricordo è ancora vivo sull’Altipiano.In qualche modo il cerchio del nostro racconto si è chiuso, e torniamo al luogo dal quale eravamo partiti per completarne la descrizione.Non mancano i necessari servizi per tenere così in ordine il tutto. Un capanno oltre il recinto, la cabina della rete elettrica, un furgone e a fianco… un Ippocastano rosa. Crescono poco rispetto ai cugini bianchi, ma sono ugualmente ornamentali, soprattutto da fioriti.Dalla parte opposta verso il corridoio di entrata uno spazio che ospita alberi da frutto.Meli, albicocchi e noccioli verdi e rossi.Verso sudovest le due cime quasi allineate del Monte Grande a sinistra e il Monte Madonna a destra. In primo piano cannuccia di palude.