Dantedì 2022 – Il Paradiso terrestre di Dante

Anche quest’anno Unalberoalgiorno onora il Dantedì, e lo fa dedicando un post al Giardino dell’Eden, così com’è descritto nella Seconda cantica. Per una fortuita coincidenza oggi cade anche la giornata mondiale della poesia.

Giusto de’ Menabuoi, Storie dell’Eden dalla Genesi, Tamburo del Battistero di Padova, 1370 circa.
Brueghel, Il Giardino dell’Eden, Particolare, 1610-12, Museo Tyssen, Madrid.

Primariamente l’ubicazione geografica. Che dovesse essere ad est non c’era alcun dubbio: Dio piantò un giardino in Eden, a oriente, e vi pose l’uomo (Genesi 2:8); fosse a nord o a sud dell’equatore o proprio su questo circolo massimo, la questione era controversa.

A sinistra Mappamondo di Sawley, seconda metà del XII secolo, Durham, Inghilterra; a destra il disegno sintetico. Le due immagini sono tratte da A. Scafi, Il Paradiso in terra, Mondadori, 2007, pag. 118.
Procedendo dall’alto (punto cardinale Est) si incontrano: il Paradiso terrestre, i fiumi Gange, Tigri e Eufrate, Gerusalemme, la Sicilia, Roma, Parigi, la Spagna col fiume Ebro e le Colonne d’Ercole.

Dante, districandosi fra le indicazioni dei dotti esegeti primi fra tutti i parigini, risolve la faccenda a modo suo collocando la Montagna del Purgatorio agli antipodi di Gerusalemme. Ma come facciamo a saperlo? Dai suoi versi, naturalmente…

Latitudine del PurgatorioInferno Canto XXVI

È il canto di Ulisse, quello della celebre terzina (vv. 118-120):
Considerate la vostra semenza:
fatti non foste a viver come bruti
ma per seguir virtute e conoscenza.

E per seguirla, tutti i suoi uomini, sebbene avanti negli anni, si mettono alacremente ai remi:
Io e i compagni eravam vecchi e tardi
quando venimmo a quella foce stretta
dove Ercole segnò li suoi riguardi
a ciò che l’uom più oltre non si metta;
dalla man destra mi lasciai Sibilia,
da l’altra già m’avea lasciata Setta. (vv. 106-111)

Attraversando lo Stretto di Gibilterra, l’imbarcazione lascia a destra Siviglia, mentre Setta (Ceuta in Marocco) era rimasta indietro sulla sinistra. Nella foto, foce del Guadalquivir presso il Parco di Doñana; il fiume era il porto di Siviglia.
Non sappiamo se Ulisse ne avesse preso nota, ma nel Parco fanno bella mostra di sé boschi di pini domestici frammisti a ginepri (Juniperus phoenicea, J. macrocarpa) e sul bordo di questi, lungo una spiaggia sconfinata, incantevoli ginestre bianche (Retama raetam).
Giochi del vento sulle dune: una buca attorno ad un magnifico esemplare di Juniperus macrocarpa
Ginestre bianche colte nel momento della fioritura (fine febbraio).
Frutti e rametti di Juniperus phoenicea
Naturalmente sui pini domestici abbiamo scherzato perché piantati negli anni ’40 del secolo scorso.

Decisi puntano la prora a ovest e la poppa a est, di poi proseguono piegando costantemente a sinistra. Dopo sappiamo come va a finire: il terribile naufragio. Ma questa è un’altra storia.

e volta nostra poppa nel mattino,
dei remi facemmo ali al folle volo,
sempre acquistando dal lato mancino. (vv. 124-126)

Che attraversino proprio l’equatore, Dante ce lo dice in un modo sottile nella terzina (vv. 127-129):
Tutte le stelle già dell’altro polo
vedea la notte, e il nostro tanto basso
che non sorgea fuor dal marin suolo.
Succede infatti che il Polo nord celeste (punto della volta celeste prossimo alla Stella Polare) sia alto sull’orizzonte di una certa località esattamente quanto misura la latitudine del luogo. Così quando ci si trova all’equatore la sua altezza è zero. In queste condizioni si vedono tutte le stelle di entrambi gli emisferi celesti. Dante lo sapeva, poiché uno dei primi insegnamenti del De Coelo di Aristotele è che procedendo verso sud si osservano costellazioni invisibili alle nostre latitudini; argomento che il maestro di color che sanno usava per dimostrare la sfericità della terra.

Longitudine del Purgatorio Purgatorio Canto XXVII

Poco prima di incontrare l’Angelo a guardia del Purgatorio e attraversare il fuoco (è il canto del Gelso che diventò vermiglio ricordate?) Dante, nell’incipit solenne e maestoso del canto, dà una indicazione oraria: il Sole faceva vibrare i suoi primi raggi (sorgeva) a Gerusalemme; la costellazione della Bilancia era alta in cielo al meridiano dell’Ibero (fiume Ebro in Spagna); alla foce del Gange era mezzogiorno (inizio dell’ora nona); qui in Purgatorio il Sole tramontava.

Sì come quando i primi raggi vibra
là dove il suo Fattor il sangue sparse,
cadendo Ibero sotto l’alta Libra,

e l’onde in Gange da nona riarse,
sì stava il Sole; onde il giorno sen giva,
quando l’angel di Dio lieto n’apparse. (vv. 1-6)

In alto l’emisfero del Purgatorio, a destra il Sole al tramonto in Ariete (sono le 18:00 del 25 Marzo, anzi del 29 per l’esattezza), a sinistra la Spagna col fiume Ibero e la costellazione della Bilancia alta nel cielo, a destra l’India col Sole a mezzogiorno, in basso l’emisfero di Gerusalemme col Sole al suo sorgere. Dunque essendo la differenza oraria tra Purgatorio e Gerusalemme di 12 ore, i due luoghi devono distare 180° in longitudine. Nella figura sono segnate le posizioni sullo Zodiaco di Venere (mattutina: sorge poco prima del Sole) e della Luna (che nel frattempo da piena è diventata calante).

In fine di canto, dopo che son successe tante cose (passano per il ‘foco’, si inerpicano per una scala scavata nella roccia, si addormentano un po’ per la stanchezza un po’ perché il Sole era tramontato, Dante sogna la bellissima Lia), Virgilio invita Dante a riprendere il cammino, non prima di avergli dato un’ultima dritta sul luogo sacro:
Vedi lo sol che in fronte ti riluce;
vedi l’erbette, i fiori e li arbuscelli
che qui la terra sol da sé produce.

Beh, era abbastanza noto anche a noi che nel Paradiso terrestre non si dovesse coltivare la terra…

Matelda

Muovendo verso est Dante e le sue guide entrano dunque nella foresta folta e fiorente (spessa e viva).

Vago già di cercar dentro e dintorno
la divina foresta spessa e viva
ch’a li occhi temperava il nuovo giorno,

senza più aspettar, lasciai la riva,
prendendo la campagna lento lento
su per lo suol che d’ogne parte auliva. (Purgatorio, XXVIII, 1-6)

La selva è percorsa da un vento leggero e costante da est e anche questo lo sappiamo, ma tra breve Matelda ne spiegherà la natura. Intanto gustiamone ancora una volta la descrizione e il paragone con la Pineta di Classe (dalla quale pineta è presa la foto).

Un’aura dolce, senza mutamento 
avere in sé, mi feria per la fronte 
non di più colpo che soave vento;

per cui le fronde, tremolando, pronte 
tutte quante piegavano a la parte 
u’ la prim’ombra gitta il santo monte;

non però dal loro esser dritto sparte 
tanto, che li augelletti per le cime 
lasciasser d’operare ogne lor arte;

ma con piena letizia l’ore prime, 
cantando, ricevieno intra le foglie, 
che tenevan bordone a le sue rime,

tal qual di ramo in ramo si raccoglie 
per la pineta in sul lito di Chiassi, 
quand’Eolo scirocco fuor discioglie. (Purgatorio, XXVIII, 7-21)

Dante si imbatte in un fiumiciattolo che gli taglia la strada scorrendo verso la sua sinistra (dunque verso nord), oltre il quale vede una ‘gran variazion di freschi mai’, forse rami fioriti come capita in maggio, o forse, con una interpretazione solo apparentemente azzardata, un boschetto di maggiociondoli.

e là m’apparve…

una donna soletta che si gia
e cantando e scegliendo fior di fiore
ond’era pinta tutta la sua via.


Non credo che splendesse tanto lume
sotto le ciglia a Venere, trafitta
dal figlio fuor di tutto suo costume. (Purgatorio, XXVIII, 40-42, 64-66)
Sempre la Flora del Botticelli m’ha ricordato Matelda mentre coglie fior da fiore, non so perché. (Botticelli, La primavera (particolare), 1478, Uffizi)
In effetti un po’ tutte le Flora la ricordano (Tiziano, Flora, 1515, Uffizi)

Ad ogni buon conto ecco la spiegazione: l’aria (è qui da intendersi la Sfera dell’Aria della cosmologia aristotelica) ruota trascinata dalla sfera immediatamente superiore, la Sfera del Fuoco, che è trascinata da quella della Luna e su su fino al Primo mobile, l’Empireo, origine ti tutti i moti celesti. Dunque la natura del vento è cosmologica, per questo spira sempre dallo stesso punto e ha intensità costante.
Ma la donna va oltre e ci informa sul fatto che è da questo giardino che vengono i semi (la sua virtute) all’altra Terra, la quale a seconda del terreno (da sè) e del clima (ciel) produce da semi diversi piante diverse. Insomma, questo luogo è il ‘Paradiso della biodiversità’!
e la percossa pianta tanto puote,
che de la sua virtute l’aura impregna
e quella poi, girando, intorno scuote;

e l’altra terra, secondo ch’è degna
per sé e per suo ciel, concepe e figlia
di diverse virtù diverse legna. (Purgatorio, XXVIII, 109-114)

Non contenta, si lancia in una dotta disquisizione. È sempre da questo luogo che vengono i semi delle piante non seminate da alcuno – con la qual cosa Dante mostra che almeno in quel caso non è coinvolta la generazione spontanea. Non solo, ma qui vive anche ogni pianta che non è ancora state colta (schianta) di là sulla Terra – e con ciò Dante si palesa creazionista e fissista: Dio ha creato tutte le specie note e pure quelle che ancora non conosciamo. Così scopriamo che il Paradiso terrestre ricopre il ruolo di ‘Banca mondiale del seme‘.
Non parrebbe di là poi meraviglia,
udito questo, quanto alcuna pianta
senza seme palese vi s’appiglia.

E saper dei che la campagna santa
dove tu se’, d’ogne semenza è piena,
e frutto ha in sé che de là non si schianta. (Purgatorio, XXVIII, 115-120)

Oggi non è più così, esistono istituti preposti alla conservazione e scambio dei semi fra i quali gli orti botanici. Nella foto un giardiniere dell’Orto di Padova intento alla raccolta.
L’ubicazione del Deposito globale di semi delle Svalbard, la più famosa delle banche del seme.

A mo’ di conclusione

Molte altre incredibili e importanti cose accadono nei canti seguenti fino alla fine della seconda cantica, ma poco altro di significativo si potrebbe dire delle occorrenze botaniche. Se non lo scoppiettante e pirotecnico poliptoto (così si chiama questa figura retorica, come mi ha pazientemente spiegato il Professor Luca Zuliani, caro amico) degli ultimissimi versi, quando l’immersione nella santissima onda (fiume Eunoè) – ancora una volta ad opera di Matelda – lo rende simile a pianta novella, rinnovellata di foglie novelle.

S’io avessi lettor, più lungo spazio
da scrivere, io pur canterei in parte
lo dolce ber che pur non m’avria sazio;


ma perché piene son tutte le carte
ordite in questa cantica seconda,
non mi lascia più ir lo fren dell’arte.


Io ritornai dalla santissima onda
rifatto sì come piante novelle
rinovellate di novella fronda,


puro e disposto a salire a le stelle. (Purgatorio, XXXIII, 136-145)

Pianta novella di Fraxinus excelsior.
Rinovellamento maggiolino di Punica granatum
Novelle fronde di Zizifus jujuba.

Nota bene

Non si è parlato dell’Albero della vita e dell’Albero del bene e del male, ché troppo lungo sarebbe diventato il post; chissà in un’altra occasione…

Museo agli Eremitani, Padova, manufatto romano privo di cartellino esplicativo. Forse Albero della vita. La pianta è certamente una Palma da datteri (Phoenix dactylifera). Affascinante la ‘imperfetta’ (rispetto ai due uccelli) simmetria bilaterale.

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