Aesculus hippocastanum è specie inconfondibile nel periodo della fioritura, in Aprile-Maggio, quando sfoggia grandi e vistosi candelabri che portano numerosissimi fiori bianchi con macchioline rosse o gialle all’interno. Ma altri caratteri la rendono identificabile, come ad esempio le foglie che sono composte da 5-7 foglioline lunghe una ventina di centimetri, alquanto strette e seghettate (doppiamente seghettate a dire il vero) al margine; a guardarle sembrano mani protese verso l’osservatore, ma diversamente dalla mano umana le foglioline, le dita, partono radialmente da un unico punto, lì dove tutte insieme si attaccano al lungo picciolo.







È un albero bello, grande e molto ornamentale, a Padova si trova un po’ dappertutto; l’effetto è sicuro sia se lo si incontra isolato sia se disposto in filari. Un bell’esemplare isolato ad esempio si trova in via Manzoni in prossimità della Breccia di Santa Giustina. Di filari grandi e piccoli se ne vedono ovunque, ad esempio sul lato sud di Piazzale Santa Croce lungo un canaletto, Canale Alicorno, che in quel tratto segue l’andamento delle mura cinquecentesche, oppure ai Giardini dell’Arena lungo un grazioso vialetto in prossimità dell’entrata est da Via Porciglia.







Nella foto qui sotto un esemplare nel giardino di una ex scuola materna, ora adibita ad uffici del Comune, lì dove Via Raggio di Sole sfocia in Via Beato Pellegrino, in prossimità di Porta Trento. Ma questo luogo serba una sorpresa, se si va a curiosare dietro l’edificio superando la prima parte del giardino, appare un magnifico filare di ippocastani. Il filare corre lungo il lato interno delle mura cinquecentesche, che in questo tratto corrispondono al lato sud est del Torrione Impossibile.



I frutti sono ricci con aculei poco pungenti; molto diversi dal Castagno dal quale Aesculus hippocastanum prende il nome volgare: Ippocastano ovvero “Castagno dei cavalli”. I semi contenuti all’interno dei ricci sono molto simili alle vere castagne, ma utili solo come foraggio per cavalli appunto.


Ogni pianta ha il suo parassita, nel caso dell’Ippocastano si tratta di Cameraria ohridella, un lepidottero le cui larve si nutrono scavando gallerie (mine) all’interno delle foglie. L’arrivo in Italia di questo insetto è sorprendentemente recente, si è diffuso, infatti, nelle regioni centro settentrionali negli anni novanta del Novecento.



Non si deve confondere questa specie con una ad essa affine ossia l’Ippocastano rosa, il cui nome scientifico è Aesculus pavia x Briotii, un ibrido tra A. Ippocastanum e A. pavia. Di questa pianta parleremo in un futuro post.