Citrus x limon – Limone

portamento; foglia; fiore; frutto; corteccia; rametto; spine; fenologia; areale di origine; sistematica; dove trovarli; approfondimenti di sistematica; spigolature

Sono possibili due fioriture, una prima in aprile e l’altra in agosto e settembre con fruttificazioni rispettivamente in novembre e maggio. I frutti restano a lungo sulla pianta e permettono così di gestire al meglio la raccolta. La pianta è sempreverde e la ripresa vegetativa si ha in aprile maggio.

Areale di origine non ben definito trattandosi di una cultivar di cui non si conosce alcun antenato selvatico. Di certo si può affermare che era coltivato in estremo oriente, forse in Cina.


Citrus x limon (L.) Osbeck
Nome imposto da Pehr Osbeck naturalista svedese allievo di Linneo. Fece un viaggio in estremo oriente osservando miriadi di specie, e contribuì alla stesura dell’edizione del 1753 di Species Plantarum. A lui è riconosciuta la paternità del nome che compare in Reise nach Ostindien und China del 1765, anche se la specie fu descritta da Linneo in Species Plantarum.

La pagina 250 dell’edizione del 1765. Citrus limonia è denominata la specie. Nel testo compaiono solo amenità sulla vendita di limonata agli equipaggi europei, ma in nota sono descritti alcuni caratteri (corteccia, foglie e spine), tutte cose che ritroveremo in seguito. Personalmente trovo misteriosa l’attribuzione della paternità a questo libro poiché la descrizione di Linneo mi sembra appropriata; forse qualcosa mi sfugge.
La lettera ‘x’ che compare nel nome scientifico attuale indica che si tratta di un ibrido; più esattamente tra: C. daoxianensis, C. maxima, C. medica.


Albero non molto alto ma dai rami robusti e chioma gonfia di foglie verdissime e persistenti. Se poi ci sono i frutti, lo spettacolo è assicurato. In città non si trova facilmente in piena terra, più spesso è coltivato in vaso, e allora è tutto un portar fuori e dentro per proteggerlo dai freddi invernali e dalle gelate fuori stagione.

Spesso è fatto crescere addossato a un muro, meglio se esposto a sud.

Anche uno degli esemplari dell’Orto ha collocazione simile. Non lo si vede spesso fiorito, peccato. Lo scortano un mirto e un ulivo, facilmente riconoscibili nella foto. Poi nella bella stagione gli portano molti fratelli in vaso a fargli ulteriore compagnia.

Riserva degli agrumi, Villa Pisani, Stra.

Lo si può far crescere anche a pergolato come amano fare i contadini della Costiera amalfitana. Naturalmente si tratta di una cultivar, in questo caso il Fusaro Amalfitano. Nessun contadino lo pianterebbe da seme, troppo rischioso e i mercati non gradirebbero.

Dunque si è capito, per trovare di queste piante bisogna andare nei luoghi di coltivazione. Tanti in Italia dalle zone costiere, di tutti i mari che lambiscono il Bel Paese, ai laghi di ogni latitudini. Qui sulla costa che da Vietri arriva fino a Positano l’uomo amalfitano ha trasformato il paesaggio con la dura arte del terrazzamento.

E lo fa crescere in balconi sul mare. Solo una cura assidua impedisce che tutto rovini in acqua.
Tutte le cultivar hanno come portainnesto l’arancio amaro (Citrus x arantium L.) Nella foto (serre nuove dell’Orto) si distingue bene il punto di giunzione. Le cortecce delle due specie non sono moto diverse. Colore marrone aranciato e fessurazioni strette, poco profonde e nere.
Anche da giovane è fondamentalmente la stessa.
Nella foto un vecchio venerando.
Foglia di media grandezza (più grande dell’arancio suo agrume complementare), lamina ampia, venature evidenti spesso a sbalzo, quelle secondarie si collegano fra loro prima di raggiungere il bordo in occhielli sempre molto vistosi.
Apice e base acuti, bordo debolmente dentato, si potrebbe dire crenato. Pagina superiore verde brillante, più chiara l’inferiore.
Picciolo corto e robusto, colore più giallo che verde; privo di ali, carattere che lo distingue dall’arancio. Disposizione alterna.
Giovani rametti verdi (conservano a lungo questo colore), cosparsi di spine dure e acuminate.
Fiori solitari o in piccoli grappoli. Cinque petali carnosi lunghi e stretti, di colore sempre bianco all’interno, ma la pagina esterna può presentare striature violacee.
Nella foto un petalo. Oltre al viola diffuso si distinguono macchie gialle, di certo ghiandole oleifere. Tutta la pianta ne è piena.
Il viola, di cui si è detto, è un residuo dei boccioli che ne hanno in abbondanza. Il calice è a coppetta con cinque lobi appena accennati, anche lui con tracce violette.
Venti stami uniti a formare una sorta di coroncina con antere gialle, e poi marrone, a mo’ di gemme. I filamenti sono saldati fra loro a gruppi, formando la più classica delle configurazioni poliadelfe.
Fascetti di filamenti. Sono visibili le zone di fusione.
Pistillo con stilo robusto, stigma quasi sferico e giallissimo, ovario giallo verdognolo. È supero ed è circondato da un nettario anch’esso gialloverde. Nella foto sono stati asportati i lobi del calice.
Sezione longitudinale, l’ingrandimento permette di distinguere canali interni, ma non molto di più.
L’ovario ingrossando diventa verde, poi, finalmente, prende il classico colore limone. Sin dalla prima fecondazione è presente un mucrone al vertice.
Più o meno pronunciato a seconda della cultivar.
Anche la forma, più o meno allungata o tondeggiante, caratterizza la cultivar.
Il post è già troppo lungo per parlare di com’è fatto dentro il frutto, rimandiamo la cosa ad un prossimo articolo dedicato agli agrumi. Per ora basti dire che è un particolare tipo di bacca (tecnicamente esperidio).
Alle piante l’uomo ne fa di tutti i colori, in questo arancio qualcuno deve aver innestato un ramo di limone, ma lo spettacolo cromatico non è sgraziato.

Spigolature
Juan de Zurbaran (figlio del più famoso Francisco e morto a soli 29 anni), Natura morta con limoni in un cesto di vimini (particolare), 1643, National Gallery, Londra. Un compendio di informazioni: frutto, fiore, foglia; tutto magistralmente fedele alla realtà.
Giovanni della Robbia, Lavabo (particolare), 1498, Santa Maria Novella, Firenze. Opera con altri materiali e altra rappresentazione.

Impossibile terminare il post senza ricordare la bellissima poesia di Montale (poeta mediterraneo) che porta come titolo il nome dell’albero e del frutto (I limoni). Indimenticabile la rima interna tra ‘poeti laureati’ e ‘nomi poco usati’, che ho sempre pensato di connotazione polemica; lui che aveva dovuto studiare da ragioniere. Molti anni dopo ricevette ben tre lauree ad honorem.

Ascoltami, i poeti laureati
si muovono soltanto fra le piante
dai nomi poco usati: bossi ligustri o acanti.
lo, per me, amo le strade che riescono agli erbosi
fossi dove in pozzanghere
mezzo seccate agguantano i ragazzi
qualche sparuta anguilla:
le viuzze che seguono i ciglioni,
discendono tra i ciuffi delle canne
e mettono negli orti, tra gli alberi dei limoni.

Meglio se le gazzarre degli uccelli
si spengono inghiottite dall’azzurro:
più chiaro si ascolta il susurro
dei rami amici nell’aria che quasi non si muove,
e i sensi di quest’odore
che non sa staccarsi da terra
e piove in petto una dolcezza inquieta.
Qui delle divertite passioni
per miracolo tace la guerra,
qui tocca anche a noi poveri la nostra parte di ricchezza
ed è l’odore dei limoni.

Vedi, in questi silenzi in cui le cose
s’abbandonano e sembrano vicine
a tradire il loro ultimo segreto,
talora ci si aspetta
di scoprire uno sbaglio di Natura,
il punto morto del mondo, l’anello che non tiene,
il filo da disbrogliare che finalmente ci metta
nel mezzo di una verità.
Lo sguardo fruga d’intorno,
la mente indaga accorda disunisce
nel profumo che dilaga
quando il giorno piú languisce.
Sono i silenzi in cui si vede
in ogni ombra umana che si allontana
qualche disturbata Divinità.

Ma l’illusione manca e ci riporta il tempo
nelle città rumorose dove l’azzurro si mostra
soltanto a pezzi, in alto, tra le cimase.
La pioggia stanca la terra, di poi; s’affolta
il tedio dell’inverno sulle case,
la luce si fa avara – amara l’anima.

Quando un giorno da un malchiuso portone
tra gli alberi di una corte
ci si mostrano i gialli dei limoni;
e il gelo del cuore si sfa,
e in petto ci scrosciano
le loro canzoni 

le trombe d’oro della solarità.
(Ossi di seppia, Torino, 1925)


Le pagine 782-83 di Species Plantarum. Linneo individua due grandi filoni per il genere Citrus legati alla presenza o meno di ali sul picciolo. Da una parte C. Medica (Cedro), con picciolo non alato, una cui varietà è C. limon. Dall’altra l’arancio amaro (Citrus aurantium), dal picciolo alato, con due varietà: l’arancio (C. sinensis) e il pompelmo (C. grandis). Linneo dixit.

Limon vulgaris lo diceva Giovanni Battista Ferrari nel suo Hesperides siue de malorum aureorum del 1646, mentre Gaspard Bauhin lo chiamava Malus Limonia acida. Poi segue una interessante postilla dove si specifica che esistono a tutt’oggi numerosissime varietà e loro incroci. Segno che la coltivazione di questa pianta in occidente era praticata ormai da tempo.

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