Erica arborea

portamento; foglia; fiore; frutto; corteccia; rametti; seme; fenologia; areale di origine; sistematica e etimologia; dove trovarli

Erica arborea L.
Il nome glielo ha imposto Linneo nel celeberrimo Species Plantarum.

La pagina 353 del primo volume. Alla descrizione, che coglie i tratti più salienti, e che vale come antipasto, seguono gli antichi nomi sempre legati a caratteri peculiari.

Etimologia
Il nome del genere deriva da un vocabolo greco dal significato di ‘spezzo, rompo’: la pianticella vince la crosta di terra o la neve che la ricopre. Il nome specifico non abbisogna di spiegazioni.


Fenologia minima
Areale di origine – Native range. Le due aree separate dal Sahara sono i resti di un areale molto più ampio.

Una sempreverde poco appariscente e soprattutto a lentissima crescita, forse saranno questi i motivi della sua completa assenza in città (tranne in Orto ovviamente, dove ce ne sono almeno due). Un peccato perché è pianta dalle molte qualità.

Portamento arbustivo, con due o tre grossi rami che partono dal terreno e salgono spediti allungandosi verso l’alto. Nella foto uno degli esemplari dell’Orto (settore XIIb).
Rami secondari sottili e dritti. Nella foto una formazione lungo il Sentiero del Venda, segnavia numero 9.
Rametti orientati per ogni dove, tanto che risulta difficile fotografarli, ché non si sa mai dove mettere il piano di fuoco…
Una delle sue attrattive è la fioritura. Comincia già in febbraio coll’esibire una copertura quasi totale di boccioli bianchi venati di rosa.
Minuscoli bottoncini in prevalenza sui rami terminali
Poi in aprile esplode in un tripudio di bianco, tanto che a volte, a seconda dell’angolazione o della luce, sembra ricoperto dalla neve. Sentiero del Monte Grande, segnavia 14.
Miriadi di mazzolini di fioretti bianchi
Corolla a forma di fiaschetta (urceolata) dalla bocca a quattro lobi triangolari
Dall’apertura emerge un lungo stilo sormontato da stigma piatto.
In fondo alla corolla otto antere amaranto, se ne stanno tutte appressate attorno al pistillo.
Per vedere qualcosa bisogna incidere la corolla. Otto stami con filamenti bianchi e antere amaranto; ovario verde e supero.
Calice con quattro sepali. Dunque, fiore a simmetria tetraedrica. Lungo peduncolo alla base del quale si scoprono due stipole.

Difficile trovare i frutti: su alcuni rametti si vedono quelli che sembrano fiori secchi e non fecondati, ma…

…rimuovendo completamente i resti della corolla appare una capsula a quattro valve
Dentro ammonticchiati un gran numero di semi
Di forma lenticolare e tra i più piccoli finora incontrati in questo blog (non più d’un terzo di millimetro).

Foglie aghiformi, altra particolarità del nostro (essendo cosa inconsueta fra le angiosperme).
Pagina superiore, salda e compatta; ricoperta di quelle che si direbbero ghiandole. Il picciolo è giallognolo e diafano; all’attaccatura un glomerulo a ventosa che ricorda l’abete.
Molto più interessante (se possibile) la pagina inferiore quasi soffocata dal bordo fogliare revoluto.
Lei sarebbe bianca di larghe fasce stomatiche.
Sezione trasversale. Tessuti ‘smeraldati’ di rara bellezza.
Corteccia marrone molto scuro corrugata da increspature minute a formare una sorta di rete.
Caratteristiche simili, anche se meno accentuate, anche da giovane.

Da un ingrossamento ipogeo del fusto se ne fanno pipe; di gran lunga le più pregiate. I terreni silicei sono i suoi prediletti e il ‘ciocco’ si impregna talmente dell’elemento da diventare ignifugo. Per sapere tutto su questa parte della pianta vi rimando a un gustosissimo e dotto articolo.

L’esemplare dell’Orto già ammirato in precedenza. Abita i pressi della Porta ovest, nel settore dedicato alle piante dei Colli. Nella foto dietro il nostro sorbi, amoli, corbezzoli e altre specie euganee.
Un secondo esemplare vive presso la Porta est (settore IX). Sullo sfondo la Porta ovest e la torretta del complesso dell’ex Antonianum.
Monte Grande. Il versante a sud è puntellato di eriche, qui fiorite in aprile.
Ancora un’immagine lungo lo stesso sentiero.

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