Il post racconta la storia dell’Orto da una angolazione particolare: enumerando gli avvenimenti più significativi legati agli alberi che lo abitano, e in qualche caso che lo hanno abitato. Precisamente due tipi di eventi: l’anno di impianto degli esemplari più vecchi e le date delle prime introduzioni in Italia di specie aliene ad opera dell’Orto.
La parte antica dell’Orto al 1995, sono indicate le date di messa a dimora delle piante storiche. All’interno del recinto è racchiuso un cerchio concentrico e inscritto in esso un quadrato. Quest’ultimo a sua volta suddiviso, dai due viali principali, in quattro quadrati più piccoli (Quarti). Il Settore XIIc è l’Arboreto, il XVI l’Arbusteto; l’ingresso odierno è fuori pianta. (E. Cappelletti, G. Cassina, L’Orto dei Semplici dell’Università di Padova, edito a cura del Comune di Padova, 1995(?)). [Disegno modificato con siti e date delle piante storiche]Dalla Pianta del Valle, 1781 [modificata con siti e date delle piante storiche]. La struttura scura in alto è la Casa del Prefetto, gli edifici attuali, che comprendono l’Edificio Museale, col Teatro Botanico, e le serre risalgono all’Ottocento. L’Arboreto non c’è ancora. Compare invece, e tale è rimasta, la Casa del Custode, già del Prefetto, a sinistra affacciata sul Canale Alicorno. In alto il Canale di Santa Chiara. (G. Valle, Pianta di Padova, Edizioni ERREDICI, Rubano – Padova, 1983. Cortesia Professor P. Giulini))
Periodo __________________
Eventi __________________
1500-1550
Francesco Bonafede è nominato professore di Lectura simplicium presso l’Università (1533) Bonafede promuove la costruzione di un Horto medicinale (1545) Il 29 Giugno 1545 il Senato Veneto decreta la costruzione dell’Horto Già nel 1546 si possono tenere le prime lezioni en plein air in Orto Piantato un esemplare di Vitex agnus-castus (1550) che morirà nel 1984, Settore XX
1551-1600
Si sente la necessità di costruire un muro perimetrale per proteggere le piante dai furti (1551); sarà abbellito, in più riprese, di portali in ferro battuto e balaustra in pietra d’Istria, i lavori termineranno nel 1729 Introduzione in Italia, ad opera dell’Orto, di Syringa vulgaris (lillà) (1565). D’ora in poi daremo per scontata la precisazione: ‘ad opera dell’Orto’ Piantato l’esemplare di Chamaerops humili (1585), poi diventato famoso come Palma di Goethe, Settore VII Nel 1591 risultano coltivate in Orto 1200 piante
Nel 1729 è completata l’opera di abbellimento del recinto con porte in ferro battuto e balaustra in pietra d’Istria al sommo del muro Piantato l’esemplare di Ginkgo biloba del Quarto del Ginkgo, Settore V (1750) Verso la metà del ‘700 è messa a dimora la Magnolia grandiflora del Quarto della Magnolia, Settore XI; forse la prima introdotta in Italia Prima introduzione in Italia di Juglans nigra (noce americano) (1760)
1751-1800
Nel 1751 risultano coltivate in Orto 4000 piante Prima introduzione in Italia di Ailanthus altissima (1769) Goethe visita l’Orto il 27 Settembre 1786
Nel 1854 (Prefetto R. de Visiani) risultano coltivate in Orto 16000 piante Piantato l’esemplare di Sequoia sempervirens dell’Arboreto, Settore XIIc (1885)
1900-1950
Nel 1945 risultano coltivate in Orto 3800 piante
1951-2000
Nel 1995 risultano coltivate in Orto 6000 piante L’orto è dichiarato Patrimoni dell’Umanità dall’UNESCO (1997)
2000-2050
Nel 2014 nasce la parte nuova che ospita enormi serre ed è denominata Giardino della Biodiversità. Ma questa è tutta un’altra storia.
Bonafede occupava una cattedra già presente in altre università, originale era invece la sua idea di realizzare un Orto dove gli studenti avrebbero potuto imparare a riconoscere le piante medicinali.Busti di scienziati lungo il cornicione del Teatro Botanico, il Bonafede è il primo da sinistra.Targa a ricordo del Buonafede; facciata dell’Istituto di Farmacologia su Via Loredan. “Lettore dei semplici” a ricordo degli studi sulle piante medicinali; “con metodo dimostrativo” a sottolineare la nuova coscienza rinascimentale (ma in molti casi anche tardo medievale) di una indagine scientifica da compiersi rivolgendosi direttamente alla Natura e non ad un “Mondo di carta”.
Una foto dell’archivio dell’Università risalente al 1928 dell’Agnocasto piantato nel 1550 e morto nel 1984 a causa di un fungo. La pianta si trovava all’esterno del muro presso la Porta Nord. Più esattamente uscendo dal recinto sulla destra oltre la vasca. Nulla che ricordi la sua centenaria presenza, nemmeno una straccio di targa!In Orto sono presenti alcuni agnocasti, ne ho contati almeno tre, nella foto l’esemplare del Quarto dell’Albizia – Settore X. Sullo sfondo l’Edifico Museale e la serra della Palma di Goethe; dietro un Ginkgo notevole, ma non quello piantato nel 1750, più recente: primi del ‘900 .
Aggiornamento Febbraio 2023
Nel recentissimo Museo dell’Orto è stato dato ampio risalto al Nostro, esponendone il tronco che evidentemente era stato riposto. Bella iniziativa! Corteccia conservata parzialmente.
Syringa vulgaris, introdotta in Italia nel 1565. Nella foto un giovane esemplare in Orto. Arriva in Europa dalla Turchia nello stesso secolo; si ha notizia della prima pianta ottenuta da seme in Olanda nel 1597.
La serra che protegge la Palma. Davanti una meridiana (invero orologio solare) equatoriale. Il quadrante è una semisfera scavata e lo stilo un filo parallelo all’asse del mondo: come vedere la volta celeste riflessa nel blocco di pietra d’Istria. Certo avrebbe bisogno di un restauro!… Oltre che di almeno un cartello a segnalarne il valore artistico e scientifico.I vari prefetti hanno avuto il loro da fare con questa palma dalla crescita arborea: per proteggerla dai rigori dell’inverno, micidiali alla nostra latitudine, si son dovute costruire serre sempre più grandi. Nella foto una targa che ricorda gli sforzi di R. de Visiani; Prefetto dal 1836 al 1877, e persona che dava nomi alle piante (la sigla che lo denota nei nomi scientifici è: “Vis”).
Parthenocissus quinquefolia, diventa rosso fuoco in autunno. Nella foto l’esemplare messo a dimora nel Settore XIX a testimoniare il fatto che l’Orto fu il primo in Italia a coltivarlo sin dal 1642.
Robinia pseudoacacia, originaria degli Appalachi (Stati Uniti Orientali), fu introdotta in Italia nel 1662 e subito naturalizzata. Nella foto un bosco sul lato nord del Monte Rosso (Colli Euganei).
Il muro di recinzione costruito solo sei anni dopo la fondazione per difendere le piante medicinali dai ladri; fu abbellito ai primi del Settecento con una balaustra in pietra d’Istria. Nella foto il tratto a nord est. Nello stesso periodo furono costruiti quattro portali, in corrispondenza dei viali principali, muniti di cancelli in ferro battuto. Nella foto la Porta Est – Settote XV. Si intravvede la statua di Salomone, del Bonazza (1709), e uno dei quattro busti che ornano la fontana. Gli stipiti dei portali portano in cima vasi con motivi floreali in ferro battuto.Pianta del Valle (1781) (Opera già citata). Sono visibili gli stipiti dei portali e le fontane esterne al muro. La statua di Salomone è presso la fontana ad est (a destra nella foto).
Ginkgo biloba, messo a dimora nel 1750 (Quarto del Ginkgo – Settore V). Lui è un maschio, ma gli è stato innestato il ramo di una femmina, il fattaccio si palesa specialmente in inverno.
Magnolia grandiflora, piantata a metà del ‘700 (Quarto della Magnolia – Settore XI).Lei, come molte piante in età avanzata, ha pensato bene di alleggerirsi.
Ailanthus altissima, originario della Cina e Estremo Oriente si è da tempo naturalizzato. Coltivato in Orto dal 1769. Nella foto un esemplare che vive ai piedi del Ponte di Via Fistomba.
Cedrus deodara, messo a dimora nel 1839 (Settore XIV); questo esemplare pare sia il primo introdotto in Italia. Vive in condizioni precarie da quando l’insediamento di un complesso di villette, in Via Aganoor, ne ha prosciugato la falda sottostante. Al momento cercano di proteggerlo monitorando le radici e imbrigliandolo con una serie di tiranti.
Sequoia sempervirens, messa a dimora nel 1885, viene dalla California, come tutti sanno. Negli anni ottanta del secolo scorso un enorme faggio lo investì rovinando su muro e balaustra… …in qualche modo se l’è cavata, ma qualche traccia rimane.