Spartium junceum – Ginestra

portamento; foglia; fiore; frutto; corteccia; rametto; seme; fenologia; areale di origine; sistematica; dove trovarli1; dove trovarli2

Spartium junceum L.
Nome assegnato da Linneo nel celeberrimo Species plantatum, Stoccolma, 1753.

La pagina 708 dove appare il nome della specie. Linneo spiega che i rami sono opposti e a sezione arrotondata e che portano i fiori agli apici. Quanto alle foglie ci dice che sono allungate. Riporta poi il parere di Bauhin in Pinax Theatri Botanici, secondo il quale la pianta tende ad assumere portamento arboreo e ha semi simili a lenticelle.
Quanto ai rami opposti rimando a questo il link chi volesse saperne di più.


Fenologia minima. Durante la ripresa vegetativa più che foglie emette rametti. I frutti si aprono a maturazione a cominciare da agosto e permangono sulla pianta molto poco.
Areale di origine (native range) – Mediterraneo settentrionale.

Arbusto dalla splendida fioritura con rami che salgono lesti allargandosi e dando alla chioma un aspetto aperto. Non ne ho trovati finora in città, tranne in Orto, ma basta andare sui Colli per imbattersi con una certa facilità in esemplari solitari o aggregati. Ma attenzione poiché lo si nota solo nel periodo della fioritura, quando si tinge di giallo carico, per il resto dell’anno resta alquanto defilato.

Colli Euganei, sentiero del Venda (versante sud, segnavia 4). Una assolata giornata di maggio che ci ha regalato un commovente tripudio di fioriture (impossibile da catturare in una foto). In secondo piano ornielli in fiore.
Un tratto dell’Appia antica presso Fondi (Latina). Un posto magico costellato di piante della macchia mediterranea.
Pochi chilometri più a ovest un declivio gremito di ginestre visto dal sentiero della Valle del Trella, presso Lenola. Forse un antico sito di coltivazione della pianta che fornisce fibre per tessuti.
In Orto abitano almeno tre ginestre, questa fortunata vive addossata all’edificio museale. Nella bella stagione le fanno compagnia piante carnivore e succulente.
Un mese prima (inizio di aprile) senza fiori, ma con la chioma rinnovata di nuovi rametti e punteggiata di piccole e rade foglie.
Foglie piccole (pochi centimetri), allungate, acute in punta e alla base.
Pagina superiore verde scuro, vellutata al tatto per la presenza di duttili peli; visibile solo la venatura centrale incassata e di colore gialloverde, come il corto picciolo.
I peli sono molto più numerosi sulla pagina inferiore che ha colore verdazzurro e speciale morbidezza. Su questa faccia la venatura è prominente.
Uno spettacolo la vista del vello già a piccoli ingrandimenti. I peli bianchi e brevi, orientati verso il vertice.
Le foglie non sono numerose e, inoltre, cadono all’inizio della fioritura. La fotosintesi è affidata ai giovani rametti, che nascono alle ascelle delle foglie e, all’emissione, han colore verde tenero.
Interessante il punto di inserzione, la guaina della foglia sembra avvolgere il rametto, un po’ come succede nelle graminacee.
I rametti sono filamentosi all’esterno mentre all’interno è presente una sostanza spugnosa ottima per ricavare fibre vegetali. Alla vista è bianca e lucente; elastica al tatto.
Fiori papilionacei, giallissimi e profumati
I rametti che portano fiori terminano in grappoli di pochi fiori.
Carena chiusa e carena aperta. Per far emergere stami e pistillo basta pizzicare al carena e spingerla in basso.
Operazione che storpia irrimediabilmente il calice. Ma continuiamo con la descrizione. Vessillo particolarmente ampio e con striature ocra che si irradiano dall’asse si simmetria centrale; anche il resto della corolla è striato di ocra (paiono venature delle foglie ancestrali: nella teoria accreditata i petali sono foglie trasformate).
Calice marrone, che sfuma lentamente nel verde del peduncolo, e dalla forma elegante.
Dieci lunghi stami di cui nove saldati fra loro e uno isolato (diadelfi), pistillo ancora più lungo vezzosamente incurvato, stigma inserito su un lato dello stilo e non in cima come di norma.
Grande in tutto un paio di millimetri
Ovario peloso
Sezione longitudinale. Si distinguono il ricettacolo a destra (ovario supero), il calice marrone più scuro, un residuo del vessillo (malamente asportato), la membrana formata dai filamenti saldati (un vero e proprio tubicino che ingloba l’ovario), gli ovuli disposti in una lunga fila.
L’ingrandimento consente di distinguere il collegamento fra ovulo e placenta (un piccolo cordone detto funicolo).
La fioritura dura a lungo e si sovrappone alla fruttificazione. Nella foto fiore appena fecondato ovvero inizi della formazione del frutto che si sta liberando di petali e stami. Il quale frutto è un baccello, come per tutte le piante con fiore papilionaceo.
Il legume è inizialmente verde tenero e lanuginoso.
Poi imbrunisce e si secca
A maturazione si torce e si apre lasciando cadere piccoli semi lentiformi.
Corteccia a coste lisce e di color marrone, separate da lunghe fessurazioni scure.
Il fusto comincia a screpolarsi già da verde – parte centrale nella foto.

Qualche altro luogo dove poterle trovare.

Jardin des Plantes, Parigi
Roma, Orto Botanico
Tivoli (Roma), Villa Gregoriana
Santuario di Ercole Vincitore, ancora Tivoli.

La disposizione dei rametti (così come per le foglie) è alterna. Tuttavia nella descrizione di Linneo si dice chiaramente che è opposta. Mi sono chiesto quali potessero essere i motivi dell’errore.
Nell’erbario di Linneo conservato alla Linnean Society di Londra c’è un foglio con un esemplare della pianta (porta il nome ‘Spartium juncea‘) che effettivamente ha tre coppie di rami con disposizione opposta.

Nello stesso sito c’è la possibilità di accedere anche all’erbario di James E. Smith fondatore e primo presidente della Linnean Society, nonché colui che portò a Londra l’erbario di Linneo (tra libri, manoscritti e collezioni spese la cifra di 1000 sterline, al tempo una fortuna). Ebbene anche Smith possedeva un importante erbario ed è lì che si può trovare un secondo esemplare del Nostro.

In questo caso tutto torna. Insomma, sembra proprio che il povero Linneo si sia imbattuto in un esemplare atipico.
Ma l’aspetto diabolico è che l’errore compare anche nell’edizione del 1799 di Species plantarum curata da Willdenow. La descrizione della specie si trova a Pagina 926 e questa volta il nome è quello attuale.

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