Lonicera fragrantissima – Caprifoglio odoroso

portamento; foglia; fiore; frutto; corteccia; rametto; fenologia; areale di origine; sistematica e etimologia; dove trovarli

Lonicera fragrantissima Lindl. & Paxton
Nome imposto da John Lindley e Sir Joseph Paxton entrambi botanici inglesi, il secondo anche affermato architetto. Il libro in cui la specie è descritta per la prima volta ha titolo Flower Garden, terzo volume, Londra, 1853.

Dalla pagina 75. Oltre alla descrizione in latino (d’obbligo) compaiono varie e dettagliate informazioni in inglese.

I tre volumi sono corredati da belle illustrazioni. In figura la pianta colta in piena fioritura. Alla base del rametto inizi di fruttificazione.

Il nome del genere fu dato da Linneo in onore del matematico, medico e botanico Adam Lonitzer (latinizzato Lonicer), autore del long seller Kräuterbuch, Francoforte, 1557. Un libro fortunato con ben ventisette edizioni, l’ultima addirittura nel 1783. Sull’autore, il suo libro e lo spregiudicato mondo dell’editoria botanica del Cinquecento vi rimando a questo gustosissimo articolo.


Fenologia minima. In città si comporta da sempreverde.
Areale di origine – Native range

Anche le lonicere (più note come caprifogli) sono un mondo tutto da scoprire, sostanzialmente si dividono in due gruppi: quelle rampicanti cui appartiene la più nota madreselva e le arbustive. Il Nostro fa parte di quest’ultima categoria: un grosso arbusto dalla chioma espansa e ampia. La sua peculiarità è la fioritura precoce, alla fine dell’inverno. Già in febbraio e poi per tutto marzo allieta i giardini vestendosi di bianco e delizia l’olfatto coi fiori profumati di gelsomino. Un peccato che in città sia rarissimo.

Orto Botanico di Padova. I numerosi rami salgono dritti direttamente dal terreno, poi in alto si aprono formando una chioma voluminosa.
In un’aiuola in Via Tirana, con un aspetto un po’ più naturale per la presenza di rami bassi non asportati.
I rami decombenti infoltiscono la chioma. Orto Botanico di Roma.
In città non perde le foglie comportandosi da sempreverde. Nella foto l’esemplare dell’Orto in febbraio.
In realtà in inverno sbiadiscono un poco. La forma è un ovale quasi perfetto, disposizione opposta e distica (stanno tutte su uno stesso piano)
Breve picciolo, venature chiare, base acuta ma smussata, vertice arrotondato eppur munito di protuberanza appuntita.
Dotata di un serissimo, ma inoffensivo, mucrone.
Il bordo è intero, anche se leggerissimamente mosso. Passando il dito lungo il perimetro della foglia, nel verso vertice-base, si sente una leggera resistenza. Responsabili minutissime spine; ben visibili nell’ingrandimento.
Pagina inferiore quasi glauca, nervature chiare.
Queste ultime sono ricoperte da una fitta peluria bianca. Ma sarebbero necessari ben altri ingrandimenti per risolverla in singoli peli. Accontentiamoci di un primo piano delle spinette presenti anche lungo la nervatura principale.
La fioritura comincia a metà febbraio e si protrae per tutto marzo. Intanto le foglie rinverdiscono di nuova linfa.
E i nuovi rametti spiccano rossi sul verde erba delle neonate foglie.
Fiori bianchi, appena venati di rosa, dalla fragranza fresca e mielata,…
compaiono timidi sui rametti a coppie (geminati).
Cinque lunghi stami emergono dalle candide corolle.
Simmetria bilaterale. Quattro petali appena attaccati fra loro compongono la parte alta della corolla, mentre uno unico più lungo, e ripiegato, completa la parte inferiore.
Tutti sono attaccati fra loro terminando la corolla in un tubicino. Ma in fondo, proprio presso il calice (anche lui a imbuto) si forma una protuberanza: una sorta di sacca sempre colma di nettare per bombi e insetti di ogni sorta.
Nella foto, levato il calice e sezionato l’ultimo tratto di corolla, si distinguono a sinistra la sacca, dalla parete arrossata, e al centro la parte terminale dello stilo immersa nel nettare. Bianchi peli diafani a guardia del tutto, forse per rallentare l’evaporazione.
Ancora una sezione della corolla. Stami dai filamenti piantati nella parete interna, mentre lo stilo affonda nel calice sottostante (ovario infero).
Stigma dall’incredibile colore dorato.
I fiori nascono a coppie, come si è detto, e ben presto i calici (dopo la fecondazione) si accrescono inglobandosi l’un l’altro, mentre in cima terminano con cinque lobi appena accennati. Il breve peduncolo si biforca in due brattee protettive, le quali non sembrano curarsi troppo di questo compito ma paiono impegnate invece in eleganti movenze.
Aperto il calice, appare l’ovario con perfetta placentazione centrale.
I frutti sono bacche. La circostanza che siano saldate assieme, rende il caso interessante ponendoci difronte al più semplice di tutti i possibili frutti multipli. Insomma, una sorta di sorosio ricondotto ai minimi termini.
A maturità: rosso, acquoso, spruzzato di pruina.
Corteccia marrone chiaro, più scura in corrispondenza delle fessurazioni. Quanto alla forma, presenta lunghe placche sottili che si sollevano senza però aver molta fretta di cadere.

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