Ricinus communis – Ricino

portamento; foglia; fiore; frutto; corteccia; nettari; seme; fenologia; areale di origine; sistematica e etimo; dove trovarli; spigolature; R. c. ‘Sanguineus’

Ricinus communis L.
Nome imposto da Linneo nel celeberrimo Species Plantarum, Stoccolma, 1753

La pagina 1007. Linneo attira l’attenzione sul picciolo che si inserisce al centro della lamina (foglia peltata) e aggiunge che il bordo è seghettato. Poi ci informa che i piccioli sono muniti di ghiandole. Alla terzultima riga (lettera beta dell’alfabeto greco) segnala una varietà ‘africana massima’ con il fusto piegato bruscamente (come un ginocchio) e dal colore rosso brillante, che fa risalire a Tournefort. Oggi è considerato un sinonimo del nostro.

Etimologia
Il vocabolo latino ricinus, ricini vale zecca, insetto; il riferimento è al seme che ricorda l’animale.

Il libro di Tournefort, Institutiones rei herbariae, Parigi, 1700, è troppo bello per non citarlo. Tre tomi di cui due interamente di tavole botaniche. Nella foto la tavola 307 del terzo Tomo. Fiore maschile A, stigma B, fiore femminile C, frutto D E F, seme G H.


Fenologia minima
Areale di origine (native range) – Corno d’Africa e Valle del Rift.

Pianta dal portamento vario, assume aspetto di un piccolo albero nei luoghi di origine e di arbusto in climi meno caldi; nel Nord Italia si comporta addirittura da pianta annuale.

Minori (Costiera amalfitana), sentiero per Ravello, un robusto e florido arbusto sporge da un terrazzamento. In Italia meridionale la pianta è naturalizzata anche se non molto diffusa.
In città ne ho viste soltanto in Orto. Nella foto una nell’aiuola delle piante velenose; collocazione meritatissima giacché ogni sua parte è pressoché letale.
Petit Trianon, Parigi.
Foglia grande a otto lobi (perlopiù), le venature partono tutte dal centro della lamina e si dirigono radialmente (come capita alle foglie peltate) conformazione rara in generale, rarissima fra alberi e arbusti; le secondarie a pettine. Picciolo lunghissimo e spesso rosso.
Venature terziarie percorrenti, anche questo carattere piuttosto raro.
I singoli lobi non sono tutti uguali, ma la foglia conserva simmetria bilaterale.
Bordo dentato. I denti piccoli alternati ai grandi.
Il colore è variabile con toni dal verde al bluastro, oppure dal giallo fino al rosso purpureo. I giardinieri hanno sfruttato questa tendenza della pianta per creare le cultivar più disparate. Nella foto la cultivar R. c. ‘Sanguineus’ che ha foglie, prevalentemente, rosso bronzee, con riflessi dallo scarlatto al violaceo, e frutti rossissimi.
Pagine inferiore sempre pallida con venature colorate e in rilievo.
La pianta ha numerosi nettari, distribuiti un po’ dappertutto, se ne trovano ad esempio lungo tutto il picciolo (preferibilmente alla base e all’estremo), sui denti delle foglie neonate e, spesso, anche delle vecchie, e financo su tronco e infiorescenze.
Sono le mete delle formiche, che se ne cibano stazionandovi lungamente. Insomma, un modo inventato dalla pianta per allontanare erbivori malintenzionati.
Nella foto, si distinguono nettari sull’asse dell’infiorescenza e alla base dei fiori.
Infiorescenza a pannocchia, nella parte bassa porta i fiori maschili, mentre sopra (dove ha più propriamente l’aspetto di un grappolo) si trovano i fiori femminili. Nella foto boccioli, presto l’aspetto non sarà più così lineare.
L’infiorescenza matura è un vero spettacolo, in cima fiori femminili dagli stigmi rossi, alla base stami in fascetti dai colori chiari. Entrambi i tipi di fiore non han petali, ma da tre a cinque sepali.
Il fiore femminile porta tre stigmi bifidi lanciati in tutte le direzioni; nel fiore in alto la simmetria è perfetta: angoli di centoventi gradi.
L’ovario è circondato da una struttura fatta di aghi carnosi con in cima acuti pungiglioni. La folla di aghi carnosi ricorda quella del fiore femminile del castagno.
Nell’ingrandimento si riconosce bene la struttura: ho liberato la superficie dell’ovario asportando un buon numero di aghi.
L’ovario denudato. Si distinguono le cicatrici degli aghi rimossi (i cerchietti più scuri), mentre i cordoni rossicci sono le giunture fra i carpelli, che sono tre come le logge dell’ovario.
Sezione longitudinale dell’ovario, si distinguono due dei tre ovuli.
Nei fiori maschili i filamenti si ramificano in una specie di piumino, con miriadi di antere.
Le quali antere han ciascuna due sacche polliniche
Nella foto si distinguono le ramificazioni dei filamenti. Il colore rosso denuncia la cultivar Sanguineus.
Singola antera. La risoluzione è modesta, ma, incredibilmente, in un occasionale frammento si riesce a distinguere la sagoma dei singoli grani di polline.
Al microscopio elettronico. Tutta un’altra cosa… (foto modificata da Wikipedia)
Infruttescenza a grappolo. Ricci su lunghi peduncoli. Nella foto, la cultivar Sanguineus, i cui frutti, lo si è già detto, sono rossissimi.
Sfere perfette.
Capsula a tre falde. Matura in settembre, espelle tre semi lanciandoli lontano.
Semi screziati e muniti di una appendice ricca di lipidi (eleosoma).
Le formiche portano i semi alle larve che mangiano l’escrescenza e lasciano intatto il seme, con evidente vantaggio per la riproduzione.
Corteccia liscia e colorata, visibili le tracce dei nodi in corrispondenza delle foglie
Ha l’aspetto di una canna, e l’interno cavo fa pensare proprio a quella.
Con l’età diventa grigia e il fusto assume un aspetto più consono a un alberello.

Non possiamo terminare il post senza ricordare che l’olio di ricino (un potente irritante delle mucose intestinali) è stato uno strumento di tortura delle squadre fasciste che lo usavano per intimidire e, primariamente per umiliare, gli oppositori della dittatura. (Foto modificata da un illuminante articolo)
Spesso però l’epilogo non era quello illustrato dalla vignetta. Nella foto (Wikimedia Common) i funerali di Matteotti, oggetto più volte e secondo varie modalità delle attenzioni fasciste.

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