Viburnum odoratissimum Ker Gawl. Nome imposto dal botanico britannico John Bellenden Ker, originariamente John Gawler (ed ecco spiegate le due sigle). Fu autore di molte pubblicazioni ma il nome del nostro viburno lo appose per la prima volta nel Botanical Register, Vol. VI, Londra, 1820. Il sottotitolo recita: Composto da figure colorate di piante esotiche coltivate nei giardini britannici con la loro storia e modalità di trattamento. Non compaiono indicazioni sugli autori né nel frontespizio, né altrove; le pagine non sono numerate, soltanto la figura che precede il testo porta un numero progressivo.
Testo relativo alla Tavola 456. Cinque petali e tre pistilli (sistema di Linneo) – siamo nel 1820 e ancora è utilizzato. Poi seguono indicazioni relative al sistema jussieano: corolla monopetala, calice munito di brattee, stigma sessile e trino. Riguardo alla specie si precisa che è un sempreverde, le foglie sono coriacee, ellittiche con margine ripiegato; fiori bisessuali. La descrizione prosegue con molte altre informazioni, impossibile riportarle tutte.
Bella da vedere la tavola, ma purtroppo non molto fedele, specialmente nelle venature.
Fenologia minima. Pianta sempreverde, la ripresa vegetativa comincia a metà marzo e si protrae per tutta la fioritura. I frutti scompaiono presto.Areale di origine (native range). Indocina, Cina sud orientale, Filippine.
Arbusto sempreverde che può diventare anche molto alto, le foglie grandi e i rami assurgenti rendono la chioma voluminosa. Relativamente comune nei giardini italiani, soprattutto per farne siepi, ma non con la frequenza che meriterebbe, tanto che è impossibile trovare un nome comune condiviso dai vivaisti.
L’esemplare dei Giardini Treves. Vicino un tinus pronto alla fioritura.Parco EuropaUna siepe ottenuta da piante cresciute in vaso. Terracina (LT).Foglie allungate e lucide, venature in rilievo, bordo debolmente dentato verso il vertice. Inizialmente verde tenero, poi scuriscono molto.La sua maggiore attrattiva è la foglia, grande, lucida, coriacea e cerata. Somiglia a quella del lauroceraso – il Cacciatore di Alberi è avvisato. Pagina inferiore pallida, quasi opaca. Venature a sbalzo che formano grandi occhielli. Le terziarie tendono al tipo percorrente. Foglie opposte. Spuntano nuove da due perule marrone e tomentose a cominciare dalla metà di marzo. Contemporaneamente emergono le infiorescenze, ma queste tardano a maturare. Alcune foglie in ottobre diventano rosso smagliante o arancioneRametti marrone, lenticelle muniti.Infiorescenza grande e a pannocchia (cosa rara fra i viburni).Se ne distingue meglio la struttura coi fioretti ancora in boccio.E anche a questo stadio regala visioni incantevoli. I singoli fioretti hanno cinque petali bianchi, ripiegati all’indietro e saldati alla base (corolla gamopetala).Simmetria pentagonale, cinque anche gli stami. Il colore col tempo vira al giallo ocra. Visione zenitale. Stigma che si fa in tre. Stami attaccati alla parete interna della corolla, alternati ai petali. Corolla carnosa, lucida e soda, sembra fatta di cera.Sezione longitudinale della corolla. Filamenti bianchi e diafani, antere ocra a maturità.Calice a cinque lobi, sepali saldati alla base. Stigma tozzo e diviso in tre parti.Tolti i lobi, è ben visibile un robusto nettario ad anello.Per frutti, drupe rosse mature alla fine dell’estate e diventano violacee. Residui di calice in cima, tipico di ovario infero. Ne ho trovate sempre poche, non so se perché appetite dagli uccelli o se per difficoltà di fecondazione.Corteccia grigio marrone, sottile, fondamentalmente liscia.