Orto Botanico di Padova – Macchia mediterranea

Adiacente all’entrata del nuovo Museo Botanico (Febbraio 2023) si trova un’aiuola dedicata alle specie della Macchia mediterranea. Come abitudine del Blog ci dedicheremo ai soli alberi e arbusti.

A sinistra il ponticello sul Canale Alicorno e, in asse, la vecchia entrata. L’esposizione è a sud e le piante stanno addossate alla parete della Biblioteca.
All’apparenza anonima ospita alcune piante vetuste e, sapendo guardare, di notevoli dimensioni, oltre a offrire una discreta rassegna delle specie di quell’ambiente ricchissimo di biodiversità.
Molti validi motivi, dunque, per avvicinarsi e godere di tanta bellezza.
Come in ogni foto di gruppo che si rispetti, si sono delimitati i contorni dei personaggi. Molti gli arbusti, ma non mancano le specie che possono assumere portamento arboreo o raggiungere dimensioni ragguardevoli; e quelle presenti nella nostra aiuola l’han fatto alla grande.
Fra queste Ginepro, Corbezzolo e Melograno i più alti in secondo piano; davanti, altrettanto notevoli, Terebinto, Ilatro comune, Tino e Ulivo. Palma di Goethe, Ilatro sottile, Alaterno, Mirto e Lentisco in basso.
Una foto dalla stessa angolazione (non è facile riprendere per intero il gruppo) in ottobre, prima che l’inverno sbiadisca le chiome.
Una splendente giornata di Giugno, col Melograno fiorito e le piante in vaso ritornate all’esterno. A sinistra fioritissima Ortensia a foglia di quercia e dietro il Pino laricio del 1830, orgoglio e vanto dell’Orto.
Da angolazione diversa per meglio apprezzare le dimensioni del Melograno
Il tronco vecchio e robusto.
Lì vicino quello del Corbezzolo; albero parimenti grande, il più grande in città (che io sappia).
La chioma in febbraio e sotto il Tino in boccio. L’albero è un po’ sbilanciato poiché i rami bassi sono spogli o mancanti: poca o niente luce da quelle parti.
Il Ginepro se la cava meglio approfittando sia di un varco fra Tino e Ilatro, sia delle dimensioni contenute dell’Alaterno.
Il tronco di Rhamnus alaternus e dietro, riconoscibile dalle sfilacciature, quello di Juniperus communis.
La chioma rada e sbiadita (siamo in febbraio) dell’Alaterno, e la targa già incontrata
Rametti, foglie e boccioli.
Al centro della formazione campeggia il grande Tino che in marzo è già fiorito.
Proseguendo verso l’entrata del nuovo Museo si incontra un giovane Mirto
Collocato fra il Tino e l’Ulivo si nota per il fogliame più chiaro; come quello del Lentisco all’estrema destra nella foto. Fra loro foglie di humilis e una granata che fanno capolino dal fitto del fogliame.
L’esile fusto del Mirto, lucido e liscio.
Il Lentisco in Ottobre 2022, in una ripresa vegetativa.
Oggi difficile da osservare a causa della passerella che porta all’entrata del Museo Botanico. L’hanno un po’ spuntato…
Sorte molto peggiore è capitata alla Feijoa (una pianta sudamericana) addossata al muro e prossima all’entrata del Museo.
E per finire (su questo lato) il notevole Ulivo.
Ritornando all’Alaterno e procedendo dalla parte opposta verso il Terebinto si incontrano i due ilatri (a sinistra Phillyrea latifolia, a destra entrambi coll’angustifolia più chiaro). Le dimensioni sono molto diverse essendo l’Ilatro comune un vero e proprio albero.
Il tronco robusto del latifolia: la pianta sale fino a oltre il secondo piano. La corteccia è marrone con riflessi grigiastri. Con l’età si fessura poi in piccole placche regolari disposte in file verticali.
Le due piante differiscono sia per la mole sia per la foglia avendo la più grande lamina larga e denti ben marcati…
…mentre l’angustifolia ha lamina sottile e bordo con denti appena accennati.
Ma non c’è da fidarsi troppo, le due specie sorelle sono caratterizzate da uno spiccato polimorfismo fogliare e occorre grande attenzione per distinguerle.
Infine il Terebinto (una femmina) chiude la compagnia sul lato ovest dell’aiuola. Pianta di tutto rispetto ben nota a questo Blog. Nella foto in marzo quando le nuove foglie la colorano di bronzo.
D’inverno appare la sottostante Palma di San Pietro, che può sfruttare quest’unico periodo per raccogliere un po’ di luce diretta.
Che sia Chamaerops umilis lo si capisce dai lobi fogliari: han l’abitudine di dividersi in due raddoppiandosi di numero.

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