Cedrus libani – Cedro del Libano

portamento; foglia; fiore; frutto; corteccia; rametti; fenologia; areale di origine; sistematica; dove trovarli; spigolature


Fenologia minima
Areale di origine – Native range: una minuscola area comprendente il Libano e il sud dell’Asia minore

Albero grande e massiccio a chioma piramidale che può superare i trenta metri. Molte le somiglianze coi fratelli cedro dell’Atlante e cedro dell’Himalaya, ma, fortunatamente, alcune particolarità ne aiutano l’identificazione (un dotto articolo lo trovate a questo link). Vano cercarlo in città dove, che io sappia, non ce n’è alcuno; i giardinieri preferiscono piantare gli altri due, molto meno esigenti e a crescita più rapida.

In età matura è veramente imponente, qualità accentuata dal tronco largo e robusto e dalla cima piatta. L’esemplare della foto vive a Kew, Londra.
Da giovane è più slanciato e ha rami sottili. (Foto: Monti dello Shuf, Libano, cortesia Mario Bettin).
I rami della metà superiore dell’albero tendono a dirigersi perpendicolarmente al tronco, specie col procedere dell’età. (Foto M. B.)
Il carattere lo distingue dall’atlantica che li ha decisamente assurgenti anche in età avanzata. Nella foto i due compagni di Piazza Antenore.
Nella metà inferiore sono invece presenti alcuni rami che hanno andamento praticamente verticale. (Foto M. B.)
Ai fini dell’identificazione conviene osservarli attentamente: sono completamente spogli tranne nella parte terminale dove i rami secondari hanno andamento piatto. (Foto M. B.)
L’illustrazione del libani storico che abita il Giardino del Petit Trianon a Parigi mostra bene quanto detto. Nella grossa branca di sinistra si distingue l’andamento pressoché verticale e il dispiegarsi dei rami secondari che formano una sorta di piattaforma. Quanto ai rami della parte superiore della chioma si riconosce bene il loro andamento praticamente orizzontale.
Passando alla foto non tutto è immediatamente chiaro, ma un po’ alla volta le cose si ricompongono.
Reggia di Caserta, impressionante la parte bassa del tronco colle grosse branche che sembrano fasciarla.
A proposito di illustrazioni: affresco nella Villa San Marco di Stabia (Castellammare di Stabia, Napoli), troppo bello e affascinante per non ricordarlo. L’artista sembra voler cogliere l’essenza della specie, una toccante testimonianza dell’amore che anche i romani nutrivano per questa pianta.
Roma, Villa Borghese.
Un incredibile filare di libani al Parco di Richmond, Londra.
Le foglie sono aghi disposti in rosette, come il larice, di colore verde brillante (verde scuro da vecchi, come questi dell’esemplare di Villa Borghese) con righe biancastre, più o meno evidenti, in direzione longitudinale.
Corti, rigidi e pungenti differiscono fortemente da quelli del deodara che li ha lunghi, sottili e relativamente morbidi.

Qualche foto per un breve confronto col deodara:

Cedrus deodara 2 Mar18
Aghi di deodara lunghi, sottili e cedevoli se inarcati; rametto elegante e flessuoso.
Tutto ciò si ripercuote sul profilo dei rami che portano rametti morbidamente ricadenti da entrambi i lati. Nella foto un giovane deodara al parco dell’Ospedale Busonera.
Alquanto diversi rami e rametti del libani che hanno aspetto decisamente irsuto e stanno sia gli uni che gli altri su uno stesso piano.
Insomma, con un po’ di attenzione e potendosi avvicinare alla pianta è relativamente difficile prendere un deodara per un libani.

Pianta monoica, come tutte le conifere, i coni maschili sono strutture con un asse centrale sul quale sono inserite, a spirale, piccole squame che custodiscono due sacche polliniche. In forma e colore molto simili a quelli del deodara.
Il cono femminile ha struttura analoga, colle squame che portano al loro interno due ovuli
Troppo bello per non farne un ingrandimento. A qualche mese dall’impollinazione, ma non è detto che gli ovuli siano di già fecondati, la faccenda nelle angiosperme è cosa lunga e complessa: è il mistero della vita.
Gli strobili (le pigne) ci mettono più di due anni a maturare
Fino a ottenere i classici coni a forma di barilotto; in tutto uguali, nonostante gli sforzi dei manuali per distinguerli, a quelli degli altri cedri.
A completa maturità le squame si aprono e cadono disperdendo semi alati.
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Sul ramo resterà un rachide.
L’insieme di squame legnose e ali dei semi.
La corteccia è simile all’atlantica con placche allungate ma più corte del deodara, creste grigie, stratificate e a cima appuntita; solchi stretti e nerastri.

Spigolature

Nell’immaginario collettivo occidentale il cedro del Libano è un albero sacro. Compare più volte nel Vecchio Testamento, il luogo più noto è certo il Primo Libro dei Re 5,20 dove si racconta che Salomone col suo legno fece costruire il tempio di Gerusalemme:

15 Chiram, re di Tiro, mandò i suoi servi da Salomone […] 16 Salomone mandò a dire a Chiram […] 19 Ecco, ho deciso di edificare un tempio al nome del Signore, mio Dio […] 20 Ordina, dunque, che si taglino per me cedri del Libano […] 22 Chiram mandò a dire a Salomone: “Ho ascoltato ciò che mi hai mandato a dire; io farò quanto tu desideri riguardo al legname di cedro e al legname di cipresso. 23 I miei servi lo caleranno dal Libano al mare; lo avvierò per mare a mo’ di zattere al luogo che mi indicherai”. 

Sempre col legno del libani i fenici costruivano le loro navi, e tutte le popolazioni che si succedettero nell’areale di origine trassero ricchezza dal suo commercio. Nella foto, portone a due battenti in legno di cedro del Libano della chiesa della Certosa di Padula (SA).
Chiaro il significato simbolico: l’albero era metafora di maestà e sacralità. Nella foto, Annunciazione (particolare).

Insomma, tutti lo volevano e si finì col provocare un vero disastro ecologico. Oggi in quella terra martoriata si conservano poche chiazze di foreste, e sono lodevoli gli sforzi di quello Stato tesi a conservare e estendere (nonostante gli enormi problemi) le aree dove dimora. Deve essere emozionante addentrarsi in quei luoghi. Non avendolo mai potuto fare di persona, vi propongo una passeggiata virtuale con l’Omino Street view di Google.

Un’altra meta da non perdere: la Collina Monfalletto nelle Langhe. Un vegliardo così ben fatto da sembrare finto.

Sistematica

Cedrus libani A.Rich.
Annomato da Achille Richard a pagina 299 del terzo tomo del Dictionnaire Classique d’Histoire Naturelle, anno 1823. Il Dizionario in realtà era a cura di  J. B. B. de Saint-Vincent e contava 17 volumi pubblicati fra il 1822 e il 1831. Il Richard era figlio d’arte ma ben presto la sua fama superò quella del padre. Doveroso ricordare i suoi fondamentali studi sulle orchidee.

Frontespizio del Dizionario, fra gli autori il Richard (sottolineatura nostra)
Articolo lungo e dettagliato, di grande interesse. (Fonte preziosissima)

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