Il giorno 21 Ottobre 2023 si è spento il Professore Patrizio Giulini illustre scienziato e uomo dabbene. Particolarmente caro a questo blog perché memoria storica degli alberi della città per i quali si è sempre battuto generosamente. Ho atteso a lungo a scrivere un post che lo ricordasse perché assalito da un profondo senso di inadeguatezza, ma alla fine bisognava farlo: non potevo non ricordarlo in qualche modo o maniera nel blog, che dopotutto è primariamente un diario personale.
A prima vista un arido elenco di pubblicazioni, ma che a leggerlo attentamente dice molto sui suoi interessi e, soprattutto, di come questi si siano spostati ed evoluti col tempo. Prendendo quasi subito una piega ambientalista, dapprima incerta (non si dimentichi che di scienza nuova si tratta, che proprio in quegli anni, i due decenni Sessanta e Settanta del secolo scorso, si andava delineando) poi sempre più consapevole e sicura. Un altro dei suoi terreni di elezione era il giardino storico, lo studio certo ma primariamente la cura: era il lavoro sul campo che lo esaltava.
Lo voglio invece ricordare, nello stile dei post, prendendo spunto dalle foto che in modo, diretto o indiretto, lo riguardano. Partendo, mi sembra giusto, da un ritratto.
Amo questa foto, che restituisce il volto di un uomo felice (perché ‘in buona compagnia’), ma che pure coglie un forte senso di autoironia, aspetto del suo carattere che ho sempre ammirato, e financo invidiato. Ricordo che la feci in occasione dell’intervista sulla sistemazione di Via Facciolati. In realtà frutto di interminabili chiacchierate piene di quelle lunghe digressioni che caratterizzavano i nostri incontri sia di persona sia (più spesso) per telefono. E già, poiché mi capitava sovente di chiamarlo per qualche dubbio che mi assaliva lavorando ai post. E lui era sempre disponibile a spiegare, chiarire, suggerire con la generosità intellettuale che lo contraddistingueva.
Le circostanza in cui lo conobbi furono curiose. Mi trovavo in una delle mie cacce fotografiche al Parco dei Faggi (che lui chiamava ‘Sgaravatti’), quando per qualche ragione rivolsi la parola a una giovane donna che, incredibilmente, riusciva a fare tre cose contemporaneamente: ascoltare al telefono qualcuno che la incalzava con una serrata sequela di domande, osservare il ceppo di un albero appena tagliato e parlare con me che mi informavo su cosa fosse successo a quella pianta.
Capii il motivo di cotanta perizia, quando più tardi mi disse che di mestiere era infermiera in un reparto di medicina interna. E ancora di più imparai ad apprezzarla quando presto cominciai ad aiutarla (saltuariamente in verità) nella cura del Parco e mi resi conto di trovarmi davanti a una vera ‘passionaria’ degli alberi cittadini e in particolare di quel magnifico giardino. Ma tornando alla telefonata, informato della mia presenza pretese di parlarmi chiedendo anche a me ragguagli sulle tracce rimaste del taglio. Al che non mi feci scappare l’occasione per fargli a mia volta domande di botanica, cosa che fece scattare immediatamente una reciproca simpatia.
Ma tornando all’albero abbattuto, certo per motivi di stabilità, molto più tardi mi raccontò del suo vicino, anch’esso un lauroceraso. Ma molto più vecchio, tanto che era stato teatro dei suoi giochi di fanciullo.
Ci giocava con Leone Sgaravatti, figlio del proprietario, e suo coetaneo. Si può capire l’attrazione dei due bambini per quell’albero solo a guardarlo. Tutt’oggi è oggetto di attenzioni da parte dei ragazzini che frequentano il giardino.
Ma il gioco di gran lunga più divertente, mi raccontava spesso, era risalire i grandi mucchi di semi custoditi all’interno dell’edificio nella foto (il deposito si semente dell’Azienda Sgaravatti); oggi sede della Scuola Elementare ‘I. Nievo’.
E ricordo con quanta ingenua semplicità si addentrava nei particolari di quei giuochi infantili. Di come si lanciassero giù dai grandi mucchi, o di come vi penetrassero all’interno uscendone sudati e con semi di ogni dimensione sparsi su tutto il corpo e all’interno dei vestiti. E sempre finiva affranto dal dolore per la morte prematura del suo amato compagno.
Questa foto invece fu fatta in occasione di una visita guidata al Giardino Romiati (un altro luogo sul quale bisognerà fare prima o poi un post). E forse più ancora della precedente coglie lo spirito schietto dell’uomo. Riteneva importanti le attività di informazione, e anche proselitismo, e non si risparmiava mai nell’impegno – fu, tra l’altro, il fondatore del Gruppo Giardino Storico di Padova. A questo giardino poi era particolarmente affezionato; di certo per le nobili origini essendo stato disegnato da Jappelli e per le importanti piante che custodisce. Nella foto il vecchio Albero di Giuda, quasi certamente risalente al tempo della costruzione del giardino. A proposito di non risparmiarsi, ricordo questa foto fatta mentre scherzavamo sulla micidiale salita in cima alla torre del Giardino. Aveva avuto problemi di cuore che lo costringevano a una faticosa deambulazione, ma in quell’occasione era determinato a farci toccare con mano il cammino iniziatico di ascesa, di massonica memoria, caro al Jappelli, e anche… …a raccontarci il panorama che si gode dalla cima.Un impegno costante nella difesa del patrimonio arboreo, e non soltanto a Padova, lo portava a confliggere con potatori ‘maldestri e ignoranti’ e uccisori di alberi. Nella foto un momento della lunga e sfortunata lotta per salvare i quindici ligustri lucidi di Via XX Settembre. Con lui un compagno di tante battaglie, anche lui universitario, che gestisce, con piglio energico e da censore inflessibile, una pagina facebook sugli eventi arborei e ambientali in città e nel territorio. Una parte importante delle sue molteplici attività era la cura dei giardini. Sia quelli storici sia quelli che lo sarebbero diventati. Nella foto in un giardino di relativa recente formazione che era stato chiamato a strutturare e in qualche modo a reinventare. Si fece riprendere, lo ricordo, in ‘compagnia di un importante’ Cefalotasso. Qui con due suoi collaboratori, uno dei quali, la persona al centro, strettissimo. Un suo ex allievo al quale era affezionatissimo. Ho trovato sempre commovente il fatto che dopo tanti anni di intensa collaborazione continuasse, pur essendo ormai un professionista affermato, continuasse, dicevo, a dargli del lei e a chiamarlo ‘Prof’. Nella foto uno splendido filare di Diospiros lotus (albero di sant’Andrea) e a sinistra un nuovissimo impianto.Particolare del suo studio, un misto tra una biblioteca e una bottega di falegnameria. Ricavato dall’ultimo piano (quasi un sottotetto) della sua abitazione in Via Sanmicheli. Una delle villette costruite all’inizio del secolo scorso al di sopra del tratto di Mura che segue la Via. Una volta mi disse che dopo averla comprata sentì l’obbligo morale di dimettersi da Presidente del Comitato Mura. Comitato che lui stesso aveva contribuito a fondare.Casa che ha fra l’altro grande importanza storica perché sede della riunione di fondazione del CLN Padovano. Ne era consapevole e una volta mi disse che aveva rinunciato a modificarne perfino l’interno per rispetto del luogo. Nella foto la targa commemorativa voluta dall’allora sindaco Flavio Zanonato. La ricopre una passiflora di cui Patrizio andava orgogliosissimo e ne regalava semi a tutti.
Il suo cuore batteva politicamente a destra (fu anche consigliere per il Partito Liberale al Comune di Padova) e mi stuzzicava spesso per le mie idee politiche. Ma i diversi orientamenti non furono mai motivo di incomprensioni. Come sempre capita quello che conta sono le persone e non le loro idee politiche, almeno quando si tratta di rapporti interpersonali. Ma di questo sarebbe troppo lungo parlare.
Le persone citate nel post, tutte legate a Patrizio da sentimenti che oltrepassavano la semplice amicizia, sono nell’ordine: Carmen Ruzzon, Simone Petrini, Alessandro Angrilli; un’altra è doveroso ricordare: la dottoressa, e scrittrice di cose di alberi, Elena Macellari, ma non avevo purtroppo sue foto da mostrare. L’autore resta anonimo, il suo unico rimpianto è d’averlo frequentato solo per una manciata d’anni.
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9 pensieri su “Al Professor Giulini”
Grazie Giorgo,
per la sua testimonianza.
Leggo casualmente e faccio un tuffo nel mio passato quando nel 66/67 frequentavo le lezioni di Botanica Generale all’Orto Botanico. In quella circostanza conobbi il prof. Giulini che ci seguiva nei laboratori. Persona affabile in un ambiente che ricordo piuttosto severo. Le esperienze di quel periodo sono rimaste vive nei miei ricordi e mi hanno accompagnato negli anni!
Ho ricevuto per posta questo commento al post, lo pubblico (dopo aver chiesto il permesso all’auto e averlo accorciato un po’) perché mi sembra una rilevante testimonianza. Ringrazio di cuore Adriano.
Seguo il tuo interessante blog da qualche tempo (ti faccio i miei complimenti) e oggi ho appreso dal tuo articolo della scomparsa del professor Giulini di cui non ero a conoscenza. Sono un suo ex allievo, lui è stato il mio relatore e ha seguito il mio lavoro di tesi durato ben tre anni. Ho avuto il grande piacere di passare molto tempo con lui, apprezzandone la cultura, la grande l’umanità, l’eccentricità e lo spirito indomito. Nonostante siano passati ormai 30 anni dal periodo dei miei studi padovani, ho ancora in mente molti ricordi delle sue lezioni all’università (a dir poco particolari), delle nostre discussioni (botaniche, filosofiche e politiche) e delle escursioni durante le varie fasi della tesi.
Osservando le piante durante le nostre escursioni, arrivava a commuoversi ammirando i fiori dei tigli, una volta osservandoli mi disse che durante la fioritura le piante erano così sensibili e reattive che “facevano l’amore”.
Durante il periodo della tesi, se mancavo il solito incontro nel suo studio, mi telefonava a casa alle 6-6,30 del mattino, per avere mie notizie e per fare il punto sull’avanzamento dei lavori.
Ciò che più lo indignava e lo addolorava era dover assistere impotente alla distruzione di un giardino, di un parco o di un’area verde importante dal punto di vista botanico; il suo approccio al mondo vegetale era realmente personale, intimo ed empatico. Il grande amore che nutro per le piante e lo stupore che provo ogni volta che le osservo, li devo in gran parte a lui.
Non essendo di Padova, una volta terminati gli studi, ho avuto negli anni poche occasioni per rivederlo di persona e di tanto in tanto lo contattavo via email o telefonicamente. Per me la sua morte è una grande perdita, per questo ho pensato di scriverti per ringraziarti per le belle parole in suo ricordo e per le fotografie che conserverò, perché dal suo viso traspare già tutto.
Adriano
Grazie Massimo per la preziosa testimonianza che aggiunge nuovi particolari dell’operato di Patrizio; una sorta di appendice al post che lo arricchisce grandemente.
22 aprile 2024
Massimo Pieressa, avvocato e ambientalista
Un caro ricordo anche da Cittadella;
abbiamo conosciuto Patrizio Giulini negli anni 80 quando costituimmo a Cittaella il Comitato per il Parco della Brenta riunendo gruppi provenenti dai paesi rivieraschi da Bassano a Padova, Patrizio fu subito disponibile a darci supporto scientifico e passione ambientale su tutte le questioni relative alla botanica del territorio rivierasco,fu coautore col prof. Marcello Zunica d’un lavoro collettaneo sul “territorio della Brenta” edito dalla Provincia di Padova dell’allora Presidente Paolo Giaretta , splendida premessa per l’istituzione d’uno strumento di gestione territoriale sul modello del Parco del Ticino, il più idoneo a garantire la rilevante valenza ambientale del territorio fluviale , fu appassionato relatore in vari nostri convegni e ci appassionò con le visite da lui personalmente guidate nel ”suo” Orto botanico ” che così divenne anche nostro; sempre dispobile a darci supporto quando ci battemmo per preservare i platani secolari a ridosso della mura di Cittadella che una disennata amministrazione comunale volle abbattere per dar luogo a nefasti interventi di viabilità e di “arredo urbano” sicchè un banale alberello di lagestroemia sostituì un platano che da 200 anni caratterizzava il paesaggio del castello di Cittadella
Ciao Patrizio , che la terra ti sia lieve
Grazie Paola, un abbraccio.
Paola Noventa Costa
Grazie, Un albero al giorno, per aver fatto rifiorire dentro di me il Prof. Giulini.
Grazie Lauro
Ho avuto anch’io il piacere e il privilegio di conoscerlo, saltuariamente ma sempre disponibile, nel censimento del giardino dell’Istituto G. Marconi di via Manzoni a Padova. Come le persone “giuste e buone” aveva sempre il tempo per i consigli e la disponibilità umana. Concordo vivamente con il suo ricordo del Prof. Giulini.
Grazie Giorgo,
per la sua testimonianza.
Leggo casualmente e faccio un tuffo nel mio passato quando nel 66/67 frequentavo le lezioni di Botanica Generale all’Orto Botanico. In quella circostanza conobbi il prof. Giulini che ci seguiva nei laboratori. Persona affabile in un ambiente che ricordo piuttosto severo. Le esperienze di quel periodo sono rimaste vive nei miei ricordi e mi hanno accompagnato negli anni!
Ho ricevuto per posta questo commento al post, lo pubblico (dopo aver chiesto il permesso all’auto e averlo accorciato un po’) perché mi sembra una rilevante testimonianza. Ringrazio di cuore Adriano.
Seguo il tuo interessante blog da qualche tempo (ti faccio i miei complimenti) e oggi ho appreso dal tuo articolo della scomparsa del professor Giulini di cui non ero a conoscenza.
Sono un suo ex allievo, lui è stato il mio relatore e ha seguito il mio lavoro di tesi durato ben tre anni. Ho avuto il grande piacere di passare molto tempo con lui, apprezzandone la cultura, la grande l’umanità, l’eccentricità e lo spirito indomito. Nonostante siano passati ormai 30 anni dal periodo dei miei studi padovani, ho ancora in mente molti ricordi delle sue lezioni all’università (a dir poco particolari), delle nostre discussioni (botaniche, filosofiche e politiche) e delle escursioni durante le varie fasi della tesi.
Osservando le piante durante le nostre escursioni, arrivava a commuoversi ammirando i fiori dei tigli, una volta osservandoli mi disse che durante la fioritura le piante erano così sensibili e reattive che “facevano l’amore”.
Durante il periodo della tesi, se mancavo il solito incontro nel suo studio, mi telefonava a casa alle 6-6,30 del mattino, per avere mie notizie e per fare il punto sull’avanzamento dei lavori.
Ciò che più lo indignava e lo addolorava era dover assistere impotente alla distruzione di un giardino, di un parco o di un’area verde importante dal punto di vista botanico; il suo approccio al mondo vegetale era realmente personale, intimo ed empatico. Il grande amore che nutro per le piante e lo stupore che provo ogni volta che le osservo, li devo in gran parte a lui.
Non essendo di Padova, una volta terminati gli studi, ho avuto negli anni poche occasioni per rivederlo di persona e di tanto in tanto lo contattavo via email o telefonicamente.
Per me la sua morte è una grande perdita, per questo ho pensato di scriverti per ringraziarti per le belle parole in suo ricordo e per le fotografie che conserverò, perché dal suo viso traspare già tutto.
Adriano
Grazie Massimo per la preziosa testimonianza che aggiunge nuovi particolari dell’operato di Patrizio; una sorta di appendice al post che lo arricchisce grandemente.
22 aprile 2024
Massimo Pieressa, avvocato e ambientalista
Un caro ricordo anche da Cittadella;
abbiamo conosciuto Patrizio Giulini negli anni 80 quando costituimmo a Cittaella il Comitato per il Parco della Brenta riunendo gruppi provenenti dai paesi rivieraschi da Bassano a Padova, Patrizio fu subito disponibile a darci supporto scientifico e passione ambientale su tutte le questioni relative alla botanica del territorio rivierasco,fu coautore col prof. Marcello Zunica d’un lavoro collettaneo sul “territorio della Brenta” edito dalla Provincia di Padova dell’allora Presidente Paolo Giaretta , splendida premessa per l’istituzione d’uno strumento di gestione territoriale sul modello del Parco del Ticino, il più idoneo a garantire la rilevante valenza ambientale del territorio fluviale , fu appassionato relatore in vari nostri convegni e ci appassionò con le visite da lui personalmente guidate nel ”suo” Orto botanico ” che così divenne anche nostro; sempre dispobile a darci supporto quando ci battemmo per preservare i platani secolari a ridosso della mura di Cittadella che una disennata amministrazione comunale volle abbattere per dar luogo a nefasti interventi di viabilità e di “arredo urbano” sicchè un banale alberello di lagestroemia sostituì un platano che da 200 anni caratterizzava il paesaggio del castello di Cittadella
Ciao Patrizio , che la terra ti sia lieve
Grazie Paola, un abbraccio.
Paola Noventa Costa
Grazie, Un albero al giorno, per aver fatto rifiorire dentro di me il Prof. Giulini.
Grazie Lauro
Ho avuto anch’io il piacere e il privilegio di conoscerlo, saltuariamente ma sempre disponibile, nel censimento del giardino dell’Istituto G. Marconi di via Manzoni a Padova. Come le persone “giuste e buone” aveva sempre il tempo per i consigli e la disponibilità umana. Concordo vivamente con il suo ricordo del Prof. Giulini.
Grazie Lauro Furlanetto