Berberis vulgaris – Crespino

portamento; foglia; fiore; frutto; corteccia; rametto; spine; seme; foliage; fenologia; areale di origine; sistematica e etimologia; dove trovarli

Berberis vulgaris L.
Nome imposto da Linneo nel celeberrimo Species Plantarum, Stoccolma, 1753.

Le pagina 330 e 331. La voce compare a cavallo tra due pagine, ho lasciato l’intestazione della pagina 331 per ricordare che la pianta ha sei stami (classe Hexandria), pur essendo una dicotiledone. Linneo specifica che l’infiorescenza ha aspetto racemoso (noi nel post la diciamo a grappolo). Interessante notare che in precedenza (Hortus Upsaliensis, 1748) aveva scelto proprio le spine triplici per caratterizzare l’arbusto, chiamandolo ‘Berberis spinis triplicibus’.

Fenologia minima
Areale di origine (native range) vasto, non soltanto geograficamente ma anche in relazione ai diversi ambienti.

Albero introvabile sia in città, dove è sbaragliato dalla concorrenza dei cugini thunberger e julianae, sia in campagna, sterminato dopo che si è scoperto che ospita una delle fasi di sviluppo del fungo della ‘ruggine del grano‘; poi il vento lo porta sul cereale, appunto. Posso contare sulle dita di una mano i posti dove l’ho visto: in Orto, alla Pineta degli Alberoni al Lido di Venezia, lungo le pendici del Monte Faloria a Cortina.

Un bell’arbusto che cresce scapigliato lanciando gli esili rami in tutte le direzioni. Alberoni (Lido di Venezia)
Può essere domato facendone siepi impenetrabili al bestiame, causa le spine micidiali. Fu per questo subito esportato nel nuovo mondo naturalizzandosi immediatamente, poi anche lì ha fatto una brutta fine. Nella foto l’esemplare dell’Orto.
Completo di frutti e rametti spinosi lungo un sentiero sul Monte Faloria (Cortina).
Un primo piano delle micidiali spine trine.
Rametti grigiomarrone. Le foglie alterne amano distribuirsi fittamente sui cortissimi ramicelli laterali, tanto che sembrano ciuffi.
Pagina superiore verde brillante, lamina incisa da venature reticolate, bordo dentato
La forma è lievemente ellittica, tranne per la base dove le due falde degradano lentamente verso il corto picciolo, facendolo sembrare alato.
Pagina inferiore pallida, quasi glauca; è questo il lato migliore per osservare le spine minute del bordo.
Spine vere. Certo dipende dall’individuo, ma il carattere è comunque peculiare.
Amo questa foto poiché sembra quasi di vedere il ritirarsi della clorofilla dalla foglia prima dei freddi invernali.
In dicembre esibisce un timido foliage: le foglie si colorano di una vasta gamma di tonalità dal giallo al rosso acceso.
Fiori piccoli e gialli disposti nel più classico dei grappoli.
Boccioli in maggio. Prima verdi, poi arrossati e finalmente gialli
I singoli fioretti sembrano piccoli bottoni
Sei petali concavi come a meglio proteggere gli organi riproduttivi
Altrettanti sepali, anch’essi ripiegati verso l’interno e presto gialli
Si deve aprirlo per guardare dentro. Sei stami e un grosso e tarchiato pistillo. Ovario supero.
Singolari le antere: si sollevano come gli sportellini di certe custodie. In questo ricordano quelle dell’alloro.
Il pistillo manca dello stilo; ovario allungato sormontato da uno stigma piatto (tecnicamente capitato)
Appena fecondato
Infruttescenza alla fine di maggio
In settembre maturano rosse bacche, abbondanti sui rametti
La pelle è spruzzata di pruina. Lunghi peduncoli e…
residui di stigma in cima.
All’interno almeno un paio di semi lisci e lucidi
Sezione longitudinale del seme, si distinguono i due cotiledoni; e non altro purtroppo.
I semi combaciano fra loro e sono alquanto scostati dalla polpa.
Corteccia liscia e chiara – colore più grigio che marrone.

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