Piccolo albero o arbusto della macchia mediterranea legato da sempre all’uomo. Una bellissima poesia (ode) di Pascoli ne celebra l’aspetto con le stagioni, e in questo post ne approfitteremo per fare un gioco: illustrare i caratteri della pianta prendendo spunto dalle diverse strofe. Lungi da sminuirne l’opera ne esalteremo invece quello che a me sembra il suo maggiore pregio: l’intreccio armonico fra le due culture, la storico-letteraria e la scientifica, che percorre il componimento. Solo i grandi riescono a farlo, penso ai passi astronomici della Commedia o al Sistema periodico di Primo Levi, tanto per fare solo due esempi.
Strofe di quattro versi, tre di undici sillabe e l’ultimo di cinque, certo per aumentarne la musicalità: come se alla fine di ogni strofa si ricadesse sulla tonica.
O tu che, quando a un alito del cielo i pruni e i bronchi aprono il boccio tutti, tu no, già porti, dalla neve e il gelo salvi, i tuoi frutti;
e ti dà gioia e ti dà forza al volo verso la vita ciò che altrui le toglie, ché metti i fiori quando ogni altro al suolo getta le foglie;
i bianchi fiori metti quando rosse hai già le bacche, e ricominci eterno, quasi per gli altri ma per te non fosse l’ozio del verno;
o verde albero italico, il tuo maggio è nella bruma: s’anche tutto muora, tu il giovanile gonfalon selvaggio spieghi alla bora:
Poi il componimento prosegue inneggiando ai primordi delle italiche gesta che Virgilio, e per riflesso Pascoli, fanno risalire ai Troiani di Enea e ai Latini di Evandro. Il figlio di quest’ultimo, Pallante, sarà il primo patrio eroe, e le sue spoglie verranno avvolte fra ramoscelli di corbezzolo, come in un ideale tricolore.
Dove trovarli
Sistematica
Arbutus unedo L. Nome imposto da Linneo nel celeberrimo Species Plantarum, Stoccolma, 1753