Aesculus parviflora – Ippocastano arbustivo

portamento; foglia; fiore; frutto; corteccia; rametti; gemma; foliage; fenologia; areale di origine; sistematica

Aesculus parviflora Walter
nome imposto da Thomas Walter un botanico americano di origini britanniche. Lavorò tutta la vita ad un libro, fatto pubblicare in Inghilterra nel 1788 da un suo amico col titolo Flora Caroliniana, dove descrive numerose specie della Carolina, il luogo dove abitava.

La pagina 128. Il volume è il primo a descrive la flora nord americana utilizzando il sistema linneano (sette stami e un pistillo = sette mariti e una sola moglie). La descrizione è breve e si concentra su colore e aspetto del fiore, per altri caratteri si veda la descrizione del genere.


Fenologia minima
Areale di origine ristretto, i soli stati Alabama e Georgia.

Arbusto deliziso per le foglie eleganti, gli alti e snelli candelabri che portano fiori dai lunghi stami e lo splendido foliage. Oltre all’aggettivo ‘delizioso’, anche il nome, parvilora = piccolo fiore, suggeriscono una pianta minuta e riservata. Ma ne conosco uno venerando che non suscita affatto simili frivolezze, anzi mette soggezione al solo avvicinarsi.

Numerosi fusti si dipartono tutti assieme dal suolo, come in ogni arbusto che si rispetti, e presto si allargano a formare una chioma a cupola più o meno regolare.
Rami e rametti contorti e tozzi.
Non ce ne sono molti in giro, almeno che io sappia. Due vivono in Orto; nella foto quello verso la Porta Orientale.
L’altro, fatto crescere ad alberello, presso la Porta Sud
Il notevole e vetusto parviflora in un Giardino privato.
Avvicinandosi si percepisce la maestà di questa pianta. La foto è presa in ottobre, in pieno foliage.
L’esemplare dell’Orto nello stesso periodo. I fili scuri verticali sono resti delle infruttescenze.
Amo questa foto non solo per i colori e la freschezza, ma soprattutto perché ritrae alberi cari di cui si distinguono perfino minuti particolari. Vale la pena citarli tutti: da sinistra: Tamerice, Cornus florida, Magnolia dal fiore bianco, Catalpa, Liriodendro. Di ognuno si potrebbe parlare a lungo.
Foglia digitata (come i cugini più grandi) con foglioline grandi a forma allungata, apice prolungato e acuto, base stretta. Picciolo lunghissimo e scuro.
Venature evidenti, parallele e leggermente arcuate verso la punta.
Tenera foglia al risveglio vegetativo, aprile.
Autunno. La clorofilla abbandona la foglia e lascia la scena ai carotenoidi.
Gemme, alle ascelle delle foglie. Fillotassi opposta (l’altra foglia è già caduta). In basso cicatrice fogliare vista di fronte.
La fioritura è relativamente tarda, da giugno fino a metà luglio. Infiorescenze in pannocchie erette di sottili fiori bianchi.
Boccioli, bene si distingue la struttura della pannocchia.
I petali stretti e lunghi si saldano insieme alla base. Anche il calice si estende alquanto.
Lunghi stami sporgenti, antere rossissime. Il pistillo è difficile da osservare: più corto e nascosto all’interno della parte tubolare della corolla.
Le strutture fiorali esili e slanciate raggiungono i trenta centimetri.
In maggio appaiono come steli assurgenti
Il frutto è una capsula simile a quella dell’ippocastano rosa
E dentro una, o più, ‘castagne matte’ non commestibili e velenose.
Infruttescenza. Le capsule hanno tre valve.
Corteccia liscia ricca di lenticelle; colore grigio marrone.