Alberi per un arazzo

Il museo agli Eremitani di Padova conserva un prezioso arazzo franco fiammingo, 1380-85. Il manufatto faceva parte di un ciclo dedicato a Jourdain de Blaye, e raffigura l’incontro tra Fromont e Gerart, che prelude al tradimento del primo e all’uccisione del secondo. Gerart tuttavia sarà vendicato dal figlio Jourdain, il nostro eroe appunto. È la Chanson de geste.

Il fiume, sul quale naviga la flotta, è la Gironda. Fromont, zio di Gerart, muove da Bordeaux a Blaye per impadronirsi del feudo del nipote. Quest’ultimo completamente, e stoltamente, fiducioso getta le braccia al collo dello zio (a destra in basso). Il frate in rosso è il narratore; ai suoi piedi l’allegoria del seguito della storia: il lupo Fromont uccide l’agnello Gerart, che verrà vendicato dal cane Juordain.

La storia è avvincente e affascinante, come tutte quelle che si declamavano, e si cantavano al suono di flauti, liuti, e tantissimi altri strumenti musicali, nelle corti del medioevo. E l’arazzo oltre ad essere bello da ammirare, è molto importante essendo uno dei pochi pervenuti dal XIV secolo. Potrete trovare più ampia spiegazione a questo link. Qui parleremo dei numerosi alberi raffigurati, sia perché questo, dopotutto, è un blog di alberi, sia per dare un piccolo contributo al superamento della nefanda divisione fra le due culture, quella umanistica (o piuttosto artistico-letteraria) e quella scientifica.

Di alberi ce ne sono tanti, il divertimento (la sfida) è riconoscere le specie rappresentate. Alcune certe: Albero di Giuda (A12, B12, C1, D1); Fico (A1, B1); Agrifoglio (B1); Rovere (B12); Tiglio selvatico (B1). Altre un po’ meno: Sorbo montano (A1, B2, C1, D1), Alloro (A2, C1), Melo (AB1, B2, C1); Salice (B1).

Gli alberi sono stilizzati nei loro caratteri più salienti. Invano si cercherebbe la riproduzione fedele nelle opere medievali, l’interesse dell’artista, infatti, non è raffigurare la realtà apparente bensì concentrarsi su una realtà ancora più importante di quella esteriore: l’essenza dell’oggetto: i suoi caratteri necessari, senza i quali, contrariamente a quanto avviene per i caratteri contingenti, l’oggetto cesserebbe di essere quello che è.

Rovere – Quercus petraea (B12)

Che si tratti di una quercia è abbastanza scontato, ce lo dicono le foglie con piccoli seni e lobi. Mentre la disposizione delle ghiande a gruppi di tre o due fa pensare alla rovere.

L’artista accenna soltanto ai seni centrali della lamina, scelta che gli permette di non appesantire il disegno.
Rovere: foglia, ghiande su rametto terminale, gemme.

Agrifoglio – Ilex aquifolium (B1)

Uno dei più semplici da riconoscere con le caratteristiche foglie spinemunite e i rossissimi frutti. Il disegno è schematico, ma attenzione, non per questo meno artistico: si riconosce uno studio attento delle forme e la ricerca di una soluzione non banale.

In cima a quello che è sicuramente un Albero di Giuda si riconosce una Ghiandaia. La Quercia è poco più sotto.
L’agrifoglio del Bastione Savonarola, ne abbiamo parlato a lungo in un precedente post. Alle sue spalle un Alloro.

Salice – Salix sp (B1)

In questo caso l’impresa è più difficile. Quali caratteri coglierebbero, secondo l’artista, l’intima essenza del Salice? quella che in una parola potremmo definire la salicità?

Certamente le foglie lunghe, strette e appuntite all’apice e alla base, e i rami protesi verso l’alto, ma decisiva è la presenza dell’acqua. Ricordate l’abbondanza di questi alberi lungo il Sinuosalice nella Vecchia Foresta, nell’opera di Tolkien Il Signore degli Anelli?
Salix alba, un maschio fiorito. Numerosi sono gli alberi di questa specie che abitano le sponde dei canali della città. Qui il tratto di Bacchiglione che segue Via Goito.

Alloro – Laurus nobilis (A2, C1)

E ancora, come rappresentare l’allorità? Di nuovo foglie lanceolate e rametti protesi al cielo, ma con portamento più espanso e dimensioni della pianta più contenute.

Foglia appuntita alla base e al vertice, massima larghezza al centro; affiancate e parallele su rametti verticali.
Un alloro ‘selvatico’, Murazzi, Lido di Venezia.
Via Rezzonico.

Fico – Ficus carica (A1, B1)

Anche se la foglia potrebbe far pensare al gelso comune, introdotto in Europa nel 1100 dalla Cina, ritengo si tratti del fico. Entrambe le specie sono caratterizzate da uno spiccato polimorfismo fogliare, ma la forma dei lobi che si allargano verso il vertice deve far propendere verso il secondo. Fico dunque, ma, a ben pensarci, con una grossa riserva: perché l’artista non ha riprodotto i frutti che pure giocano un ruolo fondamentale nel cogliere l’essenza del fico?

Tronco fortemente ramificato. Foglia con cinque lobi e quattro seni, picciolo molto lungo, nervatura centrale ben evidente.
Adamo ed Eva (sec. XIV, particolare), Palazzo Ducale, Venezia, Pilastro d’angolo sudovest. Nell’iconografia dell’epoca il riferimento al frutto è quasi obbligatorio.
Ficus carica, Riviera San Benedetto.

Albero di Giuda – Cercis siliquastrum (A12, B1, B2, C1, D1)

Se c’è un albero che uno non si aspetta di trovare nelle Fiandre, o se volete nella zona dove si svolge la vicenda (la costa atlantica della Francia), è proprio l’Albero di Giuda. Eppure nell’arazzo compare quasi dappertutto. L’areale di questa pianta è il Medio Orientale, forse fino ai Balcani, e alcune fonti danno come epoca di introduzione in Europa centro occidentale addirittura il 1500. Perché ci sia resta dunque un mistero; certo l’autore dei cartoni era uno che la sapeva lunga…

Che si tratti di siliquastrum non v’è dubbio: foglie cordate alla base e con vertice arrotondato. Uno degli esemplari è riprodotto addirittura fiorito; fiori dal disegno delicato e colorati di rosso e rosa, forse a simulare il fucsia.
Impressionante la cura e l’abilità nel riprodurre il fiore papilionaceo!
Foglia di Cercis siliquastrum.

Sorbo montano – Sorbus aria (A1, B2, C1, D1)

In questo caso l’interpretazione è un po’ incerta. I frutti inizialmente farebbero pensare al ciliegio (Prunus avium) ma la disposizione a grappolo, anziché a mazzetto, fa escludere questa specie; e poi, andiamo, perché l’artista si sarebbe fatto sfuggire la possibilità di rappresentare la corteccia dell’avium così caratteristica? Anche la foglia con la lamina più larga e tozza di quelle disegnate per le altre specie depone per il Sorbo; quella del ciliegio invece è molto allungata.

La corteccia ha lunghe fessurazioni verticali.
Foglia di Sorbo montano
Non ci sono, che io sappia, Sorbus aria a Padova. Qui un giovane esemplare lungo il Clyde a Glasgow.

Tiglio selvatico – Tilia cordata (B1)

La base cordata e il vertice acuminato della foglia dicono con forza Tiglio selvatico. Anzi sembra che su questi caratteri l’artista abbia voluto calcare la mano, e la cosa, dopo quanto si è detto, non ci meraviglia più di tanto.

Le punte dell’orifiamma fanno pendant con gli apici fogliari
Tilia cordata, Via Morgagni.

Melo – Malus sp (AB1, B2, C1)

E in fine il Melo con i canonici frutti.

La pianta compare tre volte, ritratta a guisa di alberello dal tronco che si espande con grossi rami quasi orizzontali.
Unica riserva sulle foglie: forse un po’ troppo appuntite rispetto a quelle reali.
Malus domestica, Merano Castello Trauttmansdorff.