Chamaerops humilis – Palma di San Pietro

portamento; foglia; fiore; frutto; corteccia; fenologia; areale di origine; dove trovarli; Palma di Goethe

Chamaerops humilis L.
Annomato da Linneo nella prima edizione del celeberrimo Species Plantarum, 1753. Carl Nilsson Linneaus fu un (o piuttosto ‘il’) naturalista svedese, concepì la moderna classificazione scientifica degli esseri viventi, e introdusse la nomenclatura binomia (Systema Naturae, 1735).

Fenologia minima: fioritura, fruttificazione
Areale di origine – Native range

Chamerops humilis è pianta dai molti nomi comuni: Palma di San Pietro dall’omonima isola sarda, Palma nana per le dimensioni contenute, Palma di Goethe per le attenzioni ricevute dal grande poeta-scienziato. Il portamento è quello di un piccolo albero a fusto multiplo, insomma, un modo diverso per dire che è arbustivo. In città è sempre più comune, una scoperta dei giardinieri quasi certamente indotta dall’innalzamento medio della temperatura: piante che solo qualche lustro fa non potevano vivere all’aperto a Padova oggi lo fanno senza troppi problemi.

Una rotatoria presso Porta Trento
Aiuola alla confluenza fra Riviera dei Ponti Romani e Corso Garibaldi. Fino a poco tempo fa abitata da una bella quanto grande azalea. Non so perché l’hanno sradicata.
I portici che si affacciano su Piazza delle Erbe. Giovanissimi esemplari come questo stanno comparendo un po’ dappertutto in città.
Maiori (Costiera amalfitana). Pianta spontanea nel Mezzogiorno d’Italia, soprattutto nelle isole.
Allo stato naturale è priva di tronco, e il portamento è molto diverso. Foto, Omino Street View nei pressi di Alghero; potete percorrere la strada verso sud a partire da questo link.
Imponente esemplare ai Giardini della Biennale a Venezia. A destra l’inconfondibile tronco del bagolaro e a sinistra il busto di Verdi.
Un giardino privato presso Fornace Carotta. La foglia ha lamina semicircolare con profondi seni e una ventina di stretti lobi che si separano a cominciare da una certa distanza dalla base.
Il picciolo non penetra nella lamina.
Nelle foglie più vecchie ogni segmento fogliare si suddivide ulteriormente. Quasi come se la lamina crescendo non potesse produrre sufficiente materiale per mantenersi unita verso la periferia.
Foglia flabellata completa di picciolo spinato. Suggestiva immagine nel giardino di Villa Ruffo a Ravello.
Spine disposte simmetricamente su bordi opposti.
Il picciolo ha per sezione un segmento di cerchio.
Infiorescenze maschili voluminose in cima allo stipite (tronco)
Che emergono da impressionanti brattee
Fiori minuscoli con sei giallissime antere a due sacche.
L’infiorescenza femminile è simile a quella maschile
Il singolo fiore ha tre pistilli quasi sferici. Raramente sono fecondati tutti quanti.
Frutti in giugno
Dicembre
Datteri ellissoidali, dagli splendidi colori.
Poca polpa e molte fibre.

La Palma di Goethe

Non possiamo abbandonare questa pianta senza raccontare quello che Goethe dice di aver visto all’Orto Botanico di Padova il 27 Settembre 1786, e accennare alla spiegazione che ne dà.

L’humilis dell’Orto è imponente, la sua crescita ha costretto i vari Prefetti a costruire serre sempre più grandi.
Un cartello all’interno riporta ampie citazioni dagli scritti del poeta-scienziato (1827-32).

Goethe resta colpito nel vedere che le foglie sul terreno sono a lamina unita, mentre sulla pianta osserva una gradazione di suddivisioni nella lamina fogliare che vanno da una grossolana divisione in due-tre parti fino alla più completa separazione in un gran numero di segmenti ben distinti fra loro.

Una volta accertato quello che Goethe vede (il fenomeno), vediamo come lo spiega, cioè vediamo da quali assiomi parte e quali deduzioni produce. Fra gli assiomi di Goethe ci sono: a) la convinzione che l’ontogenesi (la storia personale della singolo individuo) ripercorre la filogenesi (la storia della specie); b) la specie si evolvono. Ora le diverse tipologie di foglie sembrano indicare una trasformazione nel tempo della foglia stessa. Così per Goethe inizialmente la palma doveva avere tutte foglie indivise (piccole e strette), poi la spinta evolutiva l’ha indotta (con meccanismi a lui ignoti) a perfezionare la forma delle foglie, e tutto questo si ritrova nella storia personale della singola pianta. Il processo mentale può sembrare inutilmente contorto a noi che l’evoluzione delle specie l’abbiamo bevuta col latte materno, ma non è così: la teoria creazionista si fondava su solide basi teoriche e osservative.
Se volete saperne di più non esitate a leggere l’articolo di P. L. Nimis. Dove vengono prodotte molte altre convinzioni di Goethe e i suoi ragionamenti sono ricostruiti con maggior dettaglio.

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