Prunus domestica – Susino o Prugno

portamento; foglia; fiore; frutto; corteccia; rametto; fenologia; areale di origine; sistematica; dove trovarli; spigolature

Prunus domestica L.
Nome imposto da Linneo nel celeberrimo Species Plantarum, Stoccolma, 1753

La pagina 475. Foglie lanceolate-ovate, arrotolate longitudinalmente (?) Numerosissime le varietà, ne nomina ben diciassette (non tutte riportate nella foto). La pianta è collocata nell’ordo icosandria (venti stami) monogyna (un pistillo).

Fenologia minima
Areale di origine (native range) – regione caucasica e nord dell’Iran

Piccolo albero dalla fioritura precoce e frutti squisiti. Pare ibrido naturale tra Prunus cerasifera (amolo o mirabolano) e P. spinosa (prugnolo). Spesso innestato su altri prunus, di preferenza mirabolano e ciliegio, ha ramificazioni espanse che partono a petto d’uomo e formano una chioma raccolta, variamente acconciata a seconda del tipo di potatura. In città, che io sappia, è rarissimo – i giardinieri gli preferiscono l’amolo.

Un grosso susino lo si può vedere, seminascosto da un muro di recinzione, in un giardinetto di Riviera Mugnai (luogo ben noto al blog perché abitato da due splendidi cedri dell’Atlante)
Nei giardini e nei broli privati se ne trovano talvolta; nella foto un giovane susino del mio amico Paolo S. a Voltabarozzo.
Roma Via Appia Antica, giardinetto attiguo a una delle tante tombe. Il vecchietto ha portainnesto piuttosto corto.
La corteccia è grigia e liscia; si crepa in più punti, ma senza una sistematicità.
Anche nei più anziani la corteccia resta fondamentalmente liscia.
Foglia allungata, talvolta alquanto larghetta. Molto simile a quella dell’amolo, ma la si può distinguere dagli occhielli (tipici del genere Prunus) molto più marcati.
Un carattere più sicuro è l’aspetto rugoso che la foglia assume a causa delle venature particolarmente incassate.
La pagina superiore è verde profondo, l’inferiore più pallida e senza la peluria del genitore. Bordo con piccoli denti, base e vertice acuti, picciolo proporzionato.
La fioritura è precoce e abbondante, e perciò vistosa. Forse con una settimana di ritardo rispetto ai genitori, ma è difficile accorgersene. Nella foto il susino di Riviera Mugnai a metà marzo del 2019.
Fiori a simmetria pentagonale, petali bianchissimi e tondeggianti, sepali verdi e sottili.
Antere gialle e vistose (quelle dei genitori tendono al rossiccio)
Un pistillo snello e svettante.
Stigma appiattito, somiglia a certe caramelle gommose. Nella foto si distingue la sutura del carpello che corre dallo stigma allo stilo.
Sezione trasversale dell’ovario e dei due ovuli, di cui solo uno maturerà. In corrispondenza della placenta si riconosce la sutura del carpello.
Ovario supero e stami perigini. L’interno del ricettacolo è intensamente colorato.
Antere gialle e numerose montate su filamenti bianchi diafani. Anche lo stilo è diafano ma il colore è lime (o limetta).
Antera (dorso); si riconoscono le due teche, il tegumento che le unisce e l’attaccatura del filamento su quest’ultimo.
Ventre: due sacche polliniche per ogni teca.
I fiori sono disposti a coppie (o meno spesso in gruppi di tre-quattro) su un corto brachiblasto; rarissimamente singoli. Rametti lucidi, bruni quasi violacei.
Il frutto è una drupa. Nella foto frutti in formazione (maggio), si distinguono la classica incisione longitudinale e il picciolo robusto.
Canoniche prugne dal colore violetto; forma e colore possono variare con la cultivar. Foto, particolare da: Louise Moillon, Natura morta con frutta, 1637, Thyssen, Madrid.
Dallo stesso quadro una prugna snocciolata; incredibile la riproduzione della polpa diafana.
Il nòcciolo ha forma allungata e appiattita, superficie butterata e una vistosa scanalatura laterale. Dentro un seme con due ingombranti cotiledoni e embrione piccolissimo; vi rimando a quello del pesco.

Spigolature

Questa commovente poesia di Marin, che consacra il susino a immagine di un amore capace di superare la morte, ognuno l’avrebbe voluta scrivere alla sua amata. (Biagio Marin, Poesie, Garzanti, 1999. Traduzioni di Edda Serra) (Foto Wichipedia)

Tu l’hai pur visto quel susin
co’ miliuni de fiuri, duti ‘verti
al poline, che i vinti porta inserti,
e ili speta, perché so destin.

Un’anema che speta
so anche me, quel nenbo che feconda,
un rie d’april, una parola fonda,
un baso che me quieta.

Se tu t’ha fato figi al tempo tovo,
me filo versi sora antichi fusi,
ma tanti e tuti ariusi,
e in ogni primavera li rinovo.

‘Ste fioridure grande
xe duta la gno sorte,
la luse che se spande
al de là de la morte.

Tu l’hai pur visto quel susino
con milioni di fiori, tutti aperti
al polline, che i venti portano incerti,
e quelli aspettano, perché è il loro destino.

Anima che aspetta
sono anche io, quel nembo che feconda,
un ridere d’aprile, una parola fonda,
un bacio che mi acquieta.

Se tu hai fatto figli al tempo tuo,
io filo versi su antichi fusi,
ma tanti e tutti ariosi,
e in ogni primavera li rinnovo.

Queste fioriture grandi
son tutta la nostra sorte,
la luce che si spande
al di là della morte.

Mentre quest’altra di Brecth la amo grandemente perché incita al riconoscimento della specie. (M. Petazzini, La poesia degli alberi, Luca Sorella Editore, 2020, pag. 940)

Nel cortile c’è un susino.
Quant’è piccolo, non crederesti,
Gli han messo intorno una grata
perché la gente non lo pesti:

Se potesse, crescerebbe:
diventar grande gli piacerebbe.
Ma non servono le parole:
quel che gli manca è il sole.

Che è un susino appena lo credi
perché susine non ne fa.
Eppure è un susino e lo vedi
dalle foglie che ha.

Ritratti di susini non ne ho mai trovati, ma il frutto compare spesso nell’arte figurativa: nella foto una tavola acquerellata da un’opera dell’Aldrovandi (particolare).
Piattino per tazza da tè. (Maxwell & Williams, secolo XX)

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