Aesculus hippocastanum L. Nome imposto da Linneo nel celeberrimo Species Plantarum, Stoccolma, 1753
La pagina 344. Descrizione brevissima, unico riferimento al numero degli stami. Siamo informati che la specie fu introdotta in Europa nel 1550.Areale di origine (Native range)
Aesculus hippocastanum è specie inconfondibile nel periodo della fioritura, in Aprile-Maggio, quando sfoggia grandi e vistosi candelabri che portano numerosissimi fiori bianchi con macchioline rosse o gialle all’interno. Ma altri caratteri la rendono identificabile, come ad esempio le foglie.
Foglia composta da 5-7 foglioline lunghe una ventina di centimetri, alquanto strette e seghettate (doppiamente seghettate a dire il vero) al margine. A guardarle sembrano mani protese verso l’osservatore, ma diversamente dalla mano umana le foglioline, le dita, partono radialmente da un unico punto, lì dove tutte insieme si attaccano al lungo picciolo.Caratteristici candelabri dell’Ippocastano (tecnicamente infiorescenza a pannocchia = un grappolo di grappoli).Gemma marzolina appena dischiusa, tutto è già in nuce, sia le foglie sia i fiori nel loro calice pronto a ergersi ritto per farsi ammirare.Fiore a simmetria bilaterale, cinque petali di cui due vessillari e dei restanti tre il centrale più grande.Petali macchiati di giallo o di rosso, come si è già dettoPetalo del vessillo, unghia lunga e stretta.L’attaccatura sul ricettacoloLunghi stami che portano antere arancione intensoDue sacche pollinicheOgnuna con due alloggiamenti.Non è facile scovare il pistillo ché ha lo stilo uguale in tutto al filamento degli stami e lo stigma appuntitoIncontro ravvicinato.Ovario pelosissimo. Da questa insospettabile struttura prenderanno forma gli aculei che ricoprono il frutto.
I frutti sono ricci ad aculei poco pungenti; molto diversi dal Castagno dal quale Aesculus hippocastanum prende il nome volgare: Ippocastano ovvero “Castagno dei cavalli”. I semi contenuti all’interno dei ricci sono molto simili alle vere castagne, ma utili solo come foraggio per cavalli appunto.
Frutti dell’ippocastano, all’interno ci sono una o due “castagne matte”La corteccia grigio rossastra si sfalda in squame tondeggianti
È un albero bello, grande, a portamento colonnare, ma a chioma ampia, e molto ornamentale, in città si trova un po’ dappertutto; l’effetto è sicuro sia se lo si incontra isolato sia se disposto in filari.
Via ManzoniPiazzale Santa CroceGiardini dell’Arena, dicembreDue esemplari lungo il Bacchiglione in Riviera San Benedetto.Via Venezia, in fondo Porta Portello incappucciata.Doppio filare al Parco PerlascaUn esemplare nel giardino di una ex scuola materna, ora adibita ad uffici del Comune, lì dove Via Raggio di Sole sfocia in Via Beato Pellegrino, in prossimità di Porta Trento. Vista dall'”interno”.Ma questo luogo serba una sorpresa, se si va a curiosare dietro l’edificio superando la prima parte del giardino, appare un magnifico filare.
Ogni pianta ha il suo parassita, nel caso dell’Ippocastano si tratta di Cameraria ohridella, un lepidottero le cui larve si nutrono scavando gallerie (mine) all’interno delle foglie. L’arrivo in Italia di questo insetto è sorprendentemente recente, si è diffuso, infatti, nelle regioni centro settentrionali negli anni novanta del Novecento.
Foglia aggredita dalla larva di Cameraria ohridellaAncora una foto in città. Passeggiata Conciapelli, in primo piano un Cercis siliquastrum.Piazzale Stanga, l’albero più grande, e più vecchio, è un superstite di un maestoso filare di ippocastani che abbelliva il muro di cinta dell’Ex fabbrica di biciclette Rizzato.
Non si deve confondere questa specie con una ad essa affine ossia l’Ippocastano rosa, il cui nome scientifico è Aesculus pavia x Briotii, un ibrido tra A. Ippocastanum e A. pavia. Di questa pianta parleremo in un futuro post.